Siamo pazzi E i «cugini» ci temono per questo

di Angelo Allegri

È passato un mese, sembra un secolo. Dodici marzo 2017, ore 16,45: dopo il match contro l'Atalanta rivelazione dell'anno, 60mila tifosi dell'Inter lasciano San Siro camminando a un metro da terra. Non è solo la vittoria per 7 a 1, le triplette di Icardi e Banega, il primo gol casalingo di Gagliardini. A illuminare d'immenso il pubblico è la sensazione che, finalmente, la squadra abbia un futuro.

Momenti di inebriante pienezza, destinati purtroppo a rivelarsi effimeri: il futuro è già finito, schiantato in un piccolo stadio calabrese. Domenica scorsa a Crotone l'Inter ha vissuto uno di quegli psicodrammi che sembrano parte costitutiva della sua storia: «Pazza Inter amala», dice l'inno nerazzurro; e non è un caso. In tempi non sospetti Gianni Brera scriveva che «l'Inter è squadra femmina, quindi passionale e volubile, agli antipodi del pragmatismo juventino». Ancora lì siamo.

A consolare in questi giorni il tifoso medio è lo stereotipo sui derby: partite così particolari da fare storia a sé. Si azzera ciò che è stato e si riparte alla pari. Speriamo.

Resta l'occasione per mettere qualche punto fermo nei rapporti con i cugini (mah!) rossoneri. E in tempi di bufale e fake news è ora di riesaminare con spirito critico il passato. La vulgata calcistica parla per esempio di un derby di una quindicina d'anni fa perso dall'Inter addirittura per 6 a 0. È evidente come la pseudo-notizia suoni assurda. E si fa strada l'ipotesi di una trascrizione infedele del referto arbitrale, rimasta agli atti in qualche inchiesta giudiziaria napoletana.

Tornando ancora più indietro nel tempo, ogni interista ricorda, quando incontra i rossoneri, che l'Inter è nata nel 1908 proprio da una costola del Milan. Ma noi, come diceva l'avvocato Peppino Prisco, non abbiamo mai rinnegato le nostre umilissime origini.

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