Spese pazze dei consiglieri: la Regione non è parte civile

Il rischio, se non dovesse ripensarci e nel caso in cui i furbetti del rimborso gonfiato dovessero essere condannati, è che la Regione non abbia un centesimo di risarcimento. Così ha deciso il Pirellone, che ieri - nel corso dell'udienza preliminare a carico di 64 consiglieri ed ex consiglieri lombardi accusati di peculato per aver ottenuto indennizzi indebiti per un totale di 3 milioni di euro - non ha chiesto di costituirsi parte civile. Ma il Pirellone ha ancora la possibilità di farlo all'apertura dell'eventuale dibattimento. Dopodiché, non ci saranno altre «finestre». «Alcuni consiglieri hanno già restituito le somme e probabilmente altri lo faranno - fanno sapere dalla Regione -, quindi meglio aspettare il dibattimento per non costituirsi inutilmente».

Per la Procura, gli imputati avrebbero usato i soldi pubblici per comprare torroni, gratta e vinci, cartucce da caccia, per pagare cene a base di aragosta e sushi, per un totale di 3 milioni. I pm hanno chiesto il processo per gli ex consiglieri della maggioranza Renzo Bossi, Nicole Minetti, Fabrizio Cecchetti, Davide Boni, Massimo Ponzoni, Franco Nicoli Cristiani, Monica Rizzi, Romano Colozzi, Massimo Buscemi, Stefano Galli e Giulio Boscagli. Dell'opposizione sono coinvolti Chiara Cremonesi, Luca Gaffuri, Carlo Spreafico ed Elisabetta Fatuzzo. L'accusa è peculato, mentre due imputati sono accusati ditruffa.

Si tratta di Davide Boni che avrebbe comunicato alla Regione di essere residente a Sabbioneta, mentre dal 2003 si era trasferito a Milano, ottenendo così 25mila euro per spese di viaggio. E l'ex leghista Stefano Galli, che avrebbe fatto ottenere una consulenza da 196mila euro al genero, anche lui tra gli imputati, si sarebbe fatto rimborsare oltre 6mila euro per il banchetto del matrimonio della figlia.

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