Il suo è un buon modello La guida dei moderati però è obiettivo lontano

di Carlo Maria Lomartire

M olti commentatori, anche non pregiudizialmente ostili al centrodestra, dopo le elezioni che hanno portato Beppe Sala a Palazzo Marino - ma con un quasi pareggio grazie alla prodigiosa rimonta di Stefano Parisi - hanno preso insistentemente a parlare di «modello Milano», inteso come strada da percorrere per risollevare il centrodestra dalla sua crisi di identità e di strategia. Un modello basato sulla scelta di candidati innovativi, non politici di professione e neppure grigi tecnocrati ma comunque a conoscenza delle cose della politica e dell'amministrazione, esperti e qualificati. Insomma, tipi alla Parisi. Con scelte di questo tipo a tutti i livelli, dalle amministrazioni locali alla politica nazionale e al partito, dicono i promotori del «modello Milano», nelle vene del centrodestra comincerebbe a scorrere una nuova e più vitale linfa che consentirebbe a Silvio Berlusconi di avviare un'efficace opera di rinnovamento. E non solo di Forza Italia ma, per induzione, anche delle altre forze moderate e della destra. Ma perché tanta preoccupazione per le sorti del centrodestra da parte di questi commentatori? Perché essi sanno che senza una forza moderata, chiamiamola liberal-popolare, in grado poi di egemonizzare tutta l'area di centrodestra, la competizione politica si ridurrebbe di fatto a due contendenti: il Pd di Matteo Renzi e il Movimento 5 Stelle di Grillo: una competizione sbilanciata a sinistra (ammesso che M5S possa essere considerato di sinistra) con pesanti ipoteche populiste e qualunquiste, fino alla drammatica eventualità di lasciare il governo della Repubblica nelle mani di gente che prende ordini da Grillo e da Casaleggio junior.

Ora, questo ragionamento ha un senso e potrebbe perfino essere un suggerimento per Berlusconi, il quale per la verità di suggerimenti di questo tipo non ha assolutamente bisogno visto che è stato lui a scegliere di candidare Parisi a Milano, nonostante i mugugni di parte dell'apparato di Forza Italia. Ma arrivare ad ipotizzare, come fa qualcuno, che il prossimo leader del centrodestra possa essere Parisi francamente ce ne passa. Non c'è dubbio che la novità rappresentata da Parisi è importante sia per Milano sia per il centrodestra, dimostrando così la vitalità di Forza Italia. Solo esercizi estivi di giornalisti a corto di «retroscena» o desiderosi di seminare zizzania nell'aria berlusconiana, dunque? Per il momento noi ci accontentiamo di constatare che, pur non provenendo dalla politica politicante, Parisi si muove benissimo, con intelligenza ed equilibrio, non aggredisce l'avversario ma non si sposta di un centimetro dalla posizione che il suo elettorato gli chiede di tenere. Anche questo comportamento indica uno stile per un partito moderato che si proponga di assumere la guida del centrodestra. Opposizione non necessariamente significa rissa continua. Perciò quei commentatori che hanno inventato il «modello Milano», bene faranno a continuare a seguire quello che succede da queste parti, senza pregiudizi e senza fantasticare più del necessario.

Beninteso, appena riusciranno a distrarsi dalle sceneggiate romane della sora Raggi. Perché forse è vero che a Milano, anche col contributo di tanti giovani preparati ed entusiasti, prende forma un nuovo modello di partito liberal-popolare e un nuovo modo, un nuovo stile di fare politica.

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