Il super nonno del Gratosoglio: «Non chiamatemi eroe, please»

Giuseppe Viganò ha salvato un bimbo dalle fiamme. Qualche anno fa soccorse altri due bambini nel Ticino

«Non chiamatemi eroe, sono già stufo di avere tutta questa gente intorno». Giuseppe Viganò, il super nonno che l’altro giorno ha salvato i due fratellini dall’incendio in via Costantino Baroni, è la star del Gratosoglio. Non solo, tutta Milano lo cerca. Lui, 79 anni suonati, non si sottrae a due chiacchiere ma minimizza. «Mi ha pure invitato la tv, ma mica ci vado». Sua moglie Elide lo affianca come una vera first lady: risponde al telefono, gentilissima, gestisce le chiamate, annota tutti i nomi dei giornalisti che cercano il marito. A lui, frastornato da tanto successo, fa effetto ripensare all’avventura di lunedì, al fuoco, alle grida di quei due bambini. Da vero eroe, Giuseppe non ha esitato davanti al pericolo. Alla faccia dell’artrosi e degli acciacchi: è balzato da un balcone all’altro e ha forzato la tapparella dell’appartamento in fiamme. Quei bimbi lo chiamavano «nonno», a squarciagola, con la voce spezzata dalla paura, e lui non poteva lasciarli lì.

Giuseppe, lei però non si sente un eroe. O sbaglio?

«No, non sono un eroe. Quante balle. È stata una bella storia, ho fatto quello che dovevo fare ma, basta, sto ricevendo fin troppa attenzione».

Qual è stato il complimento più bello?

«Quello dei miei nipotini. Mi hanno detto che sono stato bravissimo e non la smettevano più di festeggiarmi. Vedevo che erano fieri di me e mi hanno fatto sentire importante».

Avete festeggiato con una bella torta?

«Magari. Devo stare attento al colesterolo».

Se ripensa all’incendio cosa le viene in mente?

«Ripenso alle urla di quei bambini, ai piedini ustionati. Ho reagito d’istinto, senza pensarci. Solo dopo ci ho ragionato sopra un po’ e mi sono reso conto di aver rischiato la vita».

Ma lei è sempre stato così coraggioso?

«Prima di andare in pensione, facevo il camionista. E quando sei in giro con il camion succede sempre qualcosa. Certo, mai nulla del genere. E pensare che da giovane mi hanno pure dato del fifone».

Lo era?

«No, ma sono sempre stato molto prudente, cauto».

Cosa si prova a salvare la vita di un bambino?

«Bella sensazione. Ma ci crede che non è la prima volta?».

Davvero? Quando le è capitato?

«Anni fa, sul Ticino. Una mamma era in acqua con i due bambini piccoli. La corrente li ha trascinati via, non c’era nessuno. Io mi sono tuffato subito e li ho aiutati a tornare a riva sani e salvi».

Un destino da eroe?

«Coincidenze».

Ha già rivisto i suoi vicini di casa?

«No, ci siamo sentiti solo per telefono. Il papà mi ha detto che stanno tutti bene e che lo spavento sta passando. Mi ha ringraziato tanto. Ecco, a me basta questo. Tutto il resto non mi interessa».

Sa che il Comune vuole consegnarle l’Ambrogino d’oro?

«Per questo ringrazio».
La moglie di Giuseppe, che 42 anni fa si è trasferita con lui a vivere a Milano, è fiera del marito.

Magari lo ha ripreso per il disordine in casa o per la televisione troppo alta, ma ora le brillano gli occhi: «Mio marito è sempre stato un uomo in forma ma davanti al rischio di veder morire due bambini ha davvero tirato fuori tutto il suo coraggio».

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