Il furbetto del biglietto ha diverse facce. C'è lo studente del mattino, quello al quale mamma e papà hanno dato i soldi per l'abbonamento, ma li ha spesi in sigarette. C'è il viaggiatore di notte che è sicuro di non incappare nei controllo. C'è l'immigrato che vive di espedienti: viene fermato, multato, scende, aspetta, riprende il treno alla prossima stazione, è abituato così. Una cosa è certa: il furbetto del biglietto non è mai solo. Secondo i dati forniti in esclusiva da Trenord, facendo una media, ogni giorno 8mila passeggeri vengono fermati perché privi di documento di viaggio. E parliamo delle sole «regolarizzazioni», cioè di quelli che vengono multati: in cifra assoluta, 3 milioni all'anno. Per un'azienda che muove giornalmente 740mila persone.
Cinzia Farisè, amministratore delegato di Trenord dal 2014, contro l'evasione ha deciso di ingaggiare una lotta senza quartiere. E per combattere ha «coinvolto tutto il personale»: «Ogni mese 26 squadre di 10 esperti, volontari e dirigenti, si dedicano al controllo dei biglietti». Lei compresa: «Indosso il giubbotto e faccio il mio lavoro. In squadra siamo tutti uguali: io seguo le regole del capo-team». Non è un mestiere facile quello del controllore: questa «trasversalità aiuta i dirigenti a capire la fatica di essere frontline» e «livella le gerarchie» in un settore rigido come quello dei trasporti. L'iniziativa si chiama Stop&Go e ha anche uno scopo sociale: «Nel lungo periodo educhiamo alla mobilità».
Dialoghiamo con la «signora dei treni» - la chiamano così quando la incontrano in metropolitana, racconta sorridendo. Sotto il suo studio a Cadorna, fra chitarre che suonano e gente che corre «passano 100mila passeggeri al giorno, un settimo del totale lombardo. Al mattino ne arrivano solo qui 40mila». I numeri li sciorina a memoria, mentre su uno schermo di controllo le lucine segnano tutte e 40 le direttrici dei convogli. «L'1,5% dei viaggiatori di un treno è portoghese». Il danno economico non è difficile quantificarlo, almeno a spanne: se un biglietto medio è intorno ai 5 euro (una delle tratte più lunghe, la Milano-Mantova, ha un ticket da 11,50) moltiplicato per i 3 milioni di cui sopra fanno almeno 15 milioni di euro non incassati. «Limitare l'evasione significa rimettere in circolo le risorse, migliorare la qualità della vita dei nostri passeggeri. E rispettare quelli onesti: alcuni hanno un abbonamento da 40 anni». Trenord rappresenta un terzo dei treni regionali italiani, ospita un quarto dei volumi complessivi dei passeggeri a livello nazionale e detiene quasi la metà dei convogli delle 6 regioni del Nord (2300 su 5mila).
Oggi di scuse per «viaggiare gratis» non ce ne sono: tra app, cellulari e tablet «anche perché il 70% dei clienti dichiara di essere sempre connesso durante il tragitto», rivela Farisè. La grande evasione si concentra nell'area suburbana milanese e in alcune fasce orarie: «Quella più problematica va dalle 21 a fine servizio: si può arrivare a picchi del 7%» di non pagato.
Poi ci sono le conseguenze indirette: «Un controllo significa spesso un ritardo e l'esigenza di chiamare la PolFer». E se la puntualità è il pallino di ogni ferroviere, anche del primo nella piramide come lei, la sicurezza è un prerequisito. Perché il controllore, che è anche pubblico ufficiale, spesso si trova in situazioni difficili: «Il personale deve essere formato e preparato a tutto» anche alla possibilità di strane reazioni, soprattutto «se è donna». E la cronaca insegna. «Per prima cosa però deve saper comunicare» insiste.
Poi precisa: «La sicurezza non si fa da soli: ad esempio i tornelli nelle stazioni (che non sono di proprietà di Trenord, ndr) sono un primo scudo».Il prossimo obiettivo? Oltre alla deterrenza - «Quando ci vedono prendono d'assalto le emettitrici», racconta Farisè - il decoro: «Da Natale, ho già detto ai colleghi di preparare le scope, gli utenti ce lo chiedono».
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