«Non si avvicini, lei qui non può stare». Sono le dieci del mattino e al primo piano del Palazzo di giustizia un avvocato fa l'errore di accostarsi alla stanza di un giudice di Sorveglianza. Come i suoi colleghi, il magistrato ha dovuto traslocare vicino all'aulamagna, dopo che il settimo piano è stato devastato da un incendio. I giudici di Sorveglianza devono continuare a lavorare, anche perché da loro dipende la sorte delle centinaia di detenuti che potrebbero uscire dal carcere grazie al decreto del governo sul Coronavirus. Ma il lavoro procede a rilento. «Io - racconta l'avvocato - quindici giorni fa avevo chiesto che due miei assistiti, entrambi con gravi problemi di salute, venissero ammessi ai domiciliari. Non è mai arrivata risposta. Quando ho provato a presentarmi in tribunale, sono stato trattato come un appestato. E se quei due nel frattempo si ammalano e muoiono, di chi è la colpa?».
Non è facile, fare l'avvocato ai tempi del Covid-19. Le udienze ordinarie sono sospese, ma le urgenze vanno avanti. O almeno dovrebbero. In realtà, fare il mestiere di avvocato in questo modo si sta rivelando dannatamente difficile. A partire dagli accessi al tribunale che gli avvocati possono varcare solo dopo avere autocertificato per iscritto alle guardie giurate i motivi della loro visita.
Regole rigide anche per gli spostamenti all'interno del Palazzo. Il procuratore della Repubblica Francesco Greco ha diramato una circolare in cui oltre all'obbligo di indossare in permanenza maschere e guanti protettive, si stabilisce che «sono vietati i colloqui e i rapporti interpersonali, in modo da evitare il contatto fisico e il contagio. La consegna di qualsiasi documento cartaceo non va effettuata a mano, ma appoggiata su un tavolo dell'ufficio, mantenendo le distanze di sicurezza». Salvo, come s'è visto, venire cacciati in malomodo al primo apparire.
Difficoltà a macchia di leopardo sono denunciate dagli avvocati anche per i colloqui con i clienti detenuti: ogni carcere si sta regolando a modo suo e riuscire a consultarsi con gli assistiti diventa così un terno al lotto.
C'è infine il grido di dolore degli avvocati che nei mesi scorsi hanno lavorato come difensori d'ufficio o per imputati non abbienti e che denunciano la sospensione quasi totale del pagamento dei loro onorari: nonostante, dicono, siano pratiche che i cancellieri possono benissimo sbrigare anche da casa.
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