Ucciso dai killer pagati dalla moglie

Lo hanno ucciso per soldi. Il vasto patrimonio, in parte derivante da manovre finanziarie poco pulite, è stato il movente dell'omicidio dell'imprenditore Paolo Vivacqua, originario di Ravanusa ma residente a Desio, commissionato a due killer dall'ex moglie e dal suo amante. I due, che non hanno confessato, anzi negano anche di avere una relazione, secondo la ricostruzione degli investigatori hanno avvicinato due sicari attraverso un intermediario di Desio conosciuto per essere vicino ad ambienti delinquenziali collegati alla «Stidda».
Sette colpi di calibro 7,65 avevano freddato Vivacqua mentre si trovava nel suo ufficio di Desio, il 14 novembre del 2011. Un omicidio «pulito», come definito dai carabinieri per l'assoluta mancanza di tracce lasciate dagli assassini. Gli investigatori per due anni e sei mesi hanno condotto serrate indagini approfondendo le molteplici piste per la risoluzione del giallo, su coordinamento del Pm Donata Costa. Gli affari di Vivacqua, partito povero in canna con un misero deposito di rottami ferrosi, erano molteplici e tutti a svariati zeri. Frequentazioni ambigue, operazioni immobiliari, finanziamenti illeciti a politici trasformare da agricoli in edificabili alcuni terreni di sua proprietà a Carate Brianza, centinaia di migliaia di euro occultati e false fatturazioni operate in collaborazione con i figli tutti e tre arrestati in seguito all'inchiesta milanese «Metal Connection». Operazioni che avevano inizialmente indotti i militari a ipotizzare i più diversi scenari.
Tutto sbagliato, la chiave del giallo era nella solita accoppiata sesso/soldi. A decidere la morte del 52enne imprenditore era stata la sua ex moglie, Germania Biondo insieme all'amante Diego Barba. La donna, sebbene separata da Vivacqua dal 2007, aveva vissuto con lui fino al 2011, e non certo aveva accolto di buon occhio la nascita del figlio che l'imprenditore aveva avuto dalla nuova compagna romena nel 2009. Il Vivacqua infatti, da allora aveva progressivamente estromesso la Biondo dalla sue società, di cui lei era prestanome. Scoperta poi la relazione tra la donna e Barba, Vivacqua si era ancor più accanito nel voler togliere alla ex ogni possibilità di mettere mano sui suoi soldi. A quel punto i due amanti, attraverso Salvino La Rocca, affiliato alla Stidda siciliana, erano entrati in contatto con Antonino Giarrana e Antonino Redaelli, i quali per 60.000 euro hanno accettato di uccidere Vivacqua. Ieri mattina all'alba sono scattate per tutti e cinque le ordinanze di custodia cautelare in carcere per omicidio volontario aggravato. Redaelli e Giarrana hanno ricevuto le notifiche in carcere, dove sono detenuti dopo la condanna, rispettivamente a 18 anni e sei mesi e all'ergastolo, per l'omicidio della consuocera dell'imprenditore, Franca Lo Jacono, nel 2012.

Un delitto in cui però Biondo Barba non centrerebbero per nulla. La donna infatti sarebbe stata uccisa, su indicazione di La Rocca, perché ritenuta in possesso di 6 milioni incassati da Vivacqua per la vendita di un immobile e mai più ritrovati.

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