«Una serata terribile, dentro e fuori San Siro» titolava ieri il sito inglese della Bbc Sport. Il New York Times ricordava che «non è la prima volta che ci scappa il morto negli scontri tra i supporter di squadre rivali». Citava i casi di Ciro Esposito nel 2014 o di Filippo Raciti nel 2007. Un Santo Stefano da cancellare per Milano: un ultrà nerazzurro travolto e ucciso dal suv di tifosi napoletani assaltati da un centinaio di interisti, prima dell'arrivo allo stadio, e dentro al Meazza gli ululati razzisti partiti dalla curva nerazzurra contro il difensore del Napoli Kalidou Koulibaly. Lo sfogo del sindaco Beppe Sala, interista e presente al match, è durissimo. Ieri mattina scrive su Facebook che è andato allo stadio «seguendo quella passione che mi ha trasmesso mio papà come credo sia per tanti tifosi. Ho preso freddo, mi sono agitato, ho esultato per la vittoria dell'Inter. Ma sono tornato a casa avvilito. Quei buu a Koulibaly sono stati una vergogna nei confronti di un atleta serio come lui, che porta con fierezza il colore della sua pelle. E anche, pur in misura minore, nei confronti di tante persone che vanno allo stadio per tifare e stare con gli amici». Prosegue: «Continuerò ad andare a vedere l'Inter, ma ai primi "buu" mi alzerò e me ne andrò. Lo farò per me, consapevole del fatto che a chi ulula contro un atleta nero non fregherà niente di me. Ma lo farò». E l'Inter «farà quel che ritiene» puntualizza, ma «a me piacerebbe che a Empoli la fascia da capitano la portasse Asamoah», il terzino ghanese. Sala chiede «scusa a Koulibaly», a nome suo e «della Milano sana che vuol testimoniare che si può sentirsi fratelli nonostante i tempi difficili in cui viviamo». Kwadwo Asamoah non risponde alla proposta ma posta su Instagram una foto insieme a Koulibaly con il messaggio: «Amiamoci gli uni con gli altri, bianchi e neri. No al razzismo». Il sindaco di Napoli Luigi De Magistris ha chiamato invece Sala per ringraziarlo. E in serata Sala ha partecipato al tradizionale brindisi di fine anno delle forze dell'ordine. «Ci siamo sentiti più volte col prefetto durante la giornata - ha riferito -, dopo le vacanze convocheremo Milan e Inter per ragionare insieme su come sia possibile evitare problemi del genere in futuro». L'Inter giocherà due partite a porte chiuse. «Un segnale andava dato» commenta il sindaco, non si unisce invece a chi chiedeva lo stop del campionato, «a fronte di atteggiamenti del genere ci sono migliaia di tifosi e famiglie che vanno allo stadio con atteggiamento positivo. Ora si tratta di migliorare la situazione, dialogheremo con le società e far sì che facciano la propria parte per mantenere l'ordine. Ma il problema non è solo milanese». Ha ribadito che i cori razzisti «sono indegni, vanno contro lo spirito di Milano dove con grande fatica e costanza cerchiamo di mantenere l'idea di città aperta, ho provato disagio». E sugli scontri fa presente che la «vigilanza sui facinoroso va tenuta alta tutto l'anno ma è difficile dire se sia mancato qualcosa dal punto di vista della sicurezza».
Il caso scuote i politici. Il consigliere di Milano Progressista Paolo Limonta, maestro, ricorda che quando faceva il dirigente della squadra dove giocava il figlio «se i genitori sugli spalti esageravano, chiedevo all'arbitro di sospendere la partita e andavo a parlare con loro. Dicendogli con grande tranquillità che i bambini erano lì per divertirsi e se loro avessero continuato a comportarsi da ultras, semplicemente noi ce ne saremmo andati a giocare in un altro posto. E li avremmo lasciati lì da soli. Ha sempre funzionato. Ecco, bisognerebbe fare la stessa cosa nel campionato di serie A. Se una parte del pubblico esagera e insulta un giocatore per il colore della sua pelle, semplicemente non si gioca più. E li si lascia lì da soli, perchè il razzismo è una brutta storia e non va sottovalutato mai». Dai cori alle violenze ultrà con spranghe, bastoni, asce. «É assurdo morire per una partita di pallone - dichiara l'assessore regionale leghista Stefano Bolognini -. Invece ancora una volta siamo qui a interrogarci sulla morte di una persona e sulle responsabilità». Milano, sottolinea il capogruppo milanese del Carroccio Alessandro Morelli, «è stata macchiata dentro e fuori lo stadio da una pessima pagina che col calcio e lo sport non c'entra niente, i delinquenti devono essere pesantemente puniti perché lo sport è delle famiglie, non dei violenti. Chi non rispetta la Scala del calcio, il nostro stadio, non merita neppure di essere definito tifoso». E il capogruppo di Forza Italia in Regione Gianluca Comazzi fa presente che «durante i grandi eventi sportivi, ma non solo, l'attenzione delle forze dell'ordine deve essere sempre più alta. Bene ha fatto il questore a intervenire in maniera tempestiva, annunciando provvedimenti più incisivi.
D'altro canto, è inammissibile che una passione autentica come quella per il calcio, che dovrebbe unire le persone, porti a vergognosi episodi di guerriglia urbana. Istituzioni e parti in causa devono unire le forze per limitare questa triste deriva».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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