Nelle strutture sanitarie della Lombardia lunedì sono state effettuate 3.163 vaccinazioni anti Covid. Salgono quindi a 188.063 le somministrazioni dall'inizio della campagna, superando l'80,1 per cento delle dosi finora disponibili. La flessione del numero dei vaccini è dovuta alla parziale consegna delle 70mila dosi previste da parte di Pfizer. Lunedì, infatti ne sono state consegnate solo 18mila, le altre 52mila dovrebbero arrivare oggi. «Le strutture ospedaliere e le Rsa - fa sapere Regione Lombardia - potranno proseguire la campagna per gli oltre 100mila soggetti che fanno parte del target coinvolto in questa prima fase, tenendo le scorte raccomandate dalla struttura commissariale, per il richiamo».
A Niguarda il primo hub lombardo per lo stoccaggio e il primo a dare il via al piano il 27 dicembre è terminata domenica la prima fase, che ha coinvolto il personale sanitario e dipendente e chi lavora all'interno del Grande Ospedale Metropolitano. In tutto 7000 persone, cui si aggiungono 1500 tra personale dell'Areu, medici di base del municipio 9, dipendenti dell'Ats Città di Milano. Ieri è iniziata la somministrazione dei richiami con 360 dosi per chi è stato vaccinato il 27, per chi invece ha avuto la prima dose il 4 gennaio si partirà la settimana prossima. A Niguarda ci sono una decina di giorni di autonomia, grazie alle dosi conservate in via cautelare e la consegna di un pizzabox di Pfizer prevista per oggi, invece delle tre previste. Tradotto: mancano all'appello 2500 dosi per completare il secondo giro.
Cosa fare? Massimo Puoti, direttore dell'unità complessa di Malattie infettive a Niguarda e European Expert per le Malattie Infettive presso l'EMA ricorda come «i trial su cui si basa il protocollo Pfizer BioNTech prevede che la seconda dose venga somministrata tra i 19 e i 23 giorni, ma studi teorici dimostrano come il richiamo possa essere somministrato anche a un intervallo superiore, compreso tra i 35 e i 42 giorni. Il British Medical Journal riporta uno studio pubblicato su Lancet in cui si dimostra che la seconda dose aveva più efficacia in chi avevano ricevuto il richiamo 12 settimane dopo la prima. Questo in teoria, ancora mancano dati scientifici a riguardo. Si potrebbe adottare il modello inglese per razionalizzare le dosi attualmente a disposizione». Altro elemento cui si potrebbe ricorrere è di «ritardare il richiamo nei medici che hanno avuto il Covid - spiega Puoti - che vanno certamente vaccinati ma che sarebbero coperti con la prima dose a sufficienza in attesa della seconda».
Non la pensa così Andrea Gori, responsabile dell'Unità complessa di Malattie infettive al Policlinico e docente di malattie infettive all'Università degli Studi: «Non ci sono studi scientifici a riguardo, per cui credo che sia opportuno continuare a somministrare i vaccini secondo il protocollo, come hanno scelto di fare anche Francia e Svizzera. Certo è che con una carenza di dosi è necessario velocizzare la profilassi per tutte le categorie della popolazione a rischio». Gli over 70 - ricorda Puoti- rappresentano il 98 per cento dei ricoveri: è la fetta di popolazione che deve avere la precedenza anche per permettere di «scaricare» la pressione sugli ospedali.
All'Humanitas, che ha in carico la profilassi solo dei dipendenti, e che ha già vaccinato 3400 professionisti si è già rallentato il ritmo del piano.
«È quindi - sostengono i virologi - necessaria una riprogrammazione del piano a livello regionale sulla base dei flussi vaccinali previsti, (tenendo conto che Moderna
ha iniziato a distribuire le prime dosi e AstraZeneca dovrebbe ricevere il via libera dall'Ema il 29 gennaio), mentre per l'eventuale scelta di dilazionare la distanza tra le dosi servirebbe l'ok di un ente certificatore».
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