Per molti anni non ho nemmeno presoin esame l’eventualità di leggere Malaparte: era fascista. Lo dico senza alcun complesso di colpa. L’antifascismo è un modo di stare al mondo che val bene il prezzo di certi svarioni. Il privilegio di aver ereditato la capacità di riconoscere i fascismi e l’istinto a combatterli vale largamente qualche scaffale vuoto, e un po’ di bellezza o intelligenza persa per strada.
Non sono diventato scemo, come giustamente avrete pensato. Ho citato l’incipit di un articolo di Alessandro Baricco apparso su La Repubblica che mi sembra la sintesi peggiore, cioè migliore, di quello spirito settario che ammorba da decenni la cultura e l’intelligenza.
Per Baricco, ultima versione di una setta dominante, l’antifascismo precede l’intelligenza e la verità, la bellezza e la qualità. E interi scaffali della sua biblioteca sono vuoti per questa indecente censura o riempiti di roba scadente al posto della grandezza proibita. L’ignoranza come virtù antifascista.
Non ci sono i più grandi poeti del Novecento, Pound, D’Annunzio, Marinetti, Ungaretti; i più grandi filosofi, Gentile e Heidegger, e grandi scrittori come Céline, Drieu, Pirandello, Papini, Hamsun, Junger e mi fermo...
E se lo stesso criterio vale per i grandi che hanno elogiato o servito tiranni, schiavitù e razzismi, la biblioteca di Baricco è priva pure di Platone e Aristotele, Seneca e Dante, Shakespeare e mi fermo di nuovo...Poi ci chiediamo della presente miseria e omertà intellettuale: Baricco ce ne offre la spremuta. No grazie, fa vomitare.
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