Un passo avanti concreto nella cura della distrofia di Duchenne, malattia che colpisce nell'infanzia.
L'Agenzia europea per i medicinali, l'Emea, ha riconosciuto come potenziale farmaco la molecola brevettata dal gruppo di ricerca della Sapienza, coordinato da Irene Bozzoni, per la cura della distrofia muscolare di Duchenne.
La nuova terapia genica, che viene prodotta grazie all'accordo di licenza con la società olandese Amsterdam Molecular Therapeutics, è stata inserita ufficialmente tra i medicinali orfani. Vengono detti così i farmaci destinati al trattamento di malattie rare, e che dunque devono essere sostenuti in quanto poco o affatto remunerativi rispetto alle abituali condizioni di commercializzazione.
Un riconoscimento importante perchè permette l'accesso alle facilitazioni economiche per la sperimentazione del farmaco.
La distrofia muscolare di Duchenne si deve ad una mutazione nel gene che governa la produzione della proteina distrofina. Mutazione che comporta una progressiva degenerazione dei muscoli. Trattandosi di una patologia causata da un solo gene, è tra quelle che gli scienziati sperano di poter guarire in futuro con la terapia genica. L'ipotesi è quella di iniettare nei muscoli dei malati un virus che possa fungere come una navetta, trasportando con sè una copia sana del gene danneggiato. Questo tipo di trattamento però appare difficilmente applicabile al gene della distrofina a causa delle sua enormi dimensioni.
Irene Bozzoni(ordinario di Biologia Molecolare presso il dipartimento di Genetica e Biologia Molecolare della Sapienza)con il suo gruppo di ricercatori ha messo a punto una diversa strategia proprio per superare l'ostacolo dovuto alle dimensioni del gene. La sperimentazione è stata condotta su topolini malati di distrofia muscolare di Duchenne cui è stato riparato il gene malato senza tentare di sostituirlo con una copia sana. Il principio è quello di operare non sul Dna, ma sull'Rna, cioè sulla molecola copia del Dna che dirige la sintesi delle proteine. Queste molecole agiscono come fossero una sorta di cerotto perchè riconoscono la regione contenente la mutazione e ne impediscono l'inclusione nell'Rna messaggero, dunque la mutazione si ferma. L'effetto finale è la produzione di una proteina più corta di quella prodotta nei muscoli delle persone sane, ma ancora funzionante. I ricercatori hanno dimostrato che iniettando il vettore che trasporta questa sorta di cerottogenetico nei topi, questo poi si ritrova in tutti i muscoli dove, successivamente, viene recuperata la sintesi della proteina distrofina. E questo accade soprattutto nel cuore e nel diaframma che sono i distretti muscolari più gravemente compromessi dalla malattia. L'analisi compiuta fino a 20 mesi di vita dei topolini ha permesso di dimostrare che i muscoli trattati migliorano sia in termini di forza della contrazione, sia in termini di integrità. Inoltre si è visto che il trattamento conferisce un notevole beneficio all'animale, che manifesta un importante miglioramento delle prestazioni muscolari. Il mantenimento del beneficio per tutta la vita del topolino dimostra che è possibile avere un effetto terapeutico a lungo termine anche con un singolo trattamento.
La proprietà intellettuale del brevetto resta alla Sapienza che ha stipulato un accordo di licenza con l'Amsterdam Molecular Therapeutics che invece svilupperà, produrrà e commercializzerà il know-how basato su questo uso dell'Rna.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.