Algeria, la "rivolta del bikini" delle donne per cambiare le mentalità

Dall'inizio di luglio è in corso in Algeria una "rivolta del bikini": migliaia di donne indossano il due pezzi in spiaggia per sfidare i pregiudizi e cambiare la mentalità conservatrice della società

Algeria, la "rivolta del bikini" delle donne per cambiare le mentalità

In Algeria è iniziata la "rivolta dei bikini": migliaia di ragazze arabe stanno scendendo in spiaggia indossando solo il due pezzi, "non per provocazione - spiegano - ma per far cambiare gradualmente la società".

L'iniziativa è partita all'inizio di luglio, nello specifico alla fine del mese di Ramadan, pochi giorni dopo la festa di Eid Al-Fitr, a Seraidi, una località balneare un po' defilata, a una dozzina di chilometri dal centro di Annaba, nel nord-est dell'Algeria.

È stata una ragazza di 27 anni a fare il primo passo: su Facebook ha creato un gruppo privato, in cui ha invitato amiche e conoscenti, e ha dato appuntamento a tutte per il 5 luglio a Seraidi, per concedersi una giornata a prendere il sole in libertà. Quella prima volta le ragazze in bikini erano 40, ma quando è stato organizzato il "bis", tre giorni dopo, il passaparola si era già diffuso come un'ondata e all'appuntamento si sono presentate in 200.

Le "ribelli" si ritrovano dandosi appuntamenti a sorpresa tramite Facebook in diversi punti della costa e ogni volta aumenta il numero delle partecipanti. Ormai l'iniziativa si è diffusa a tal punto che questi bagni collettivi sono sempre più frequenti e sempre meno clandestini, anche perché ora le partecipanti sono diventate quasi 4 mila, attirando l'attenzione dei media locali e internazionali.

La legge algerina non vieta formalmente di stare in spiaggia con solo il bikini addosso, anche se le frange musulmane integraliste vorrebbero vietarlo per far rispettare i "valori islamici nelle spiagge islamiche". Tuttavia, il costume a due pezzi è tutt'oggi considerato "immorale" da una buona fetta della società e soprattutto dai conservatori che lo ritengono un'offesa al pudore. Tanto che, secondo quanto riporta The Post Internazionale, già dal 2014 gruppi di uomini si sono uniti in autonominati “comitati per il pudore" e hanno iniziato a vigilare sulle spiagge algerine per impedire alle donne di mettersi in bikini.

La presenza di uomini che intimidiscono e minacciano le bagnanti musulmane in costume, costringendole a coprirsi o a lasciare la spiaggia, è diventata ormai un’emergenza in diversi paesi del Maghreb. Secondo i conservatori, l’unico indumento consentito in spiaggia dalla religione islamica è il cosiddetto "burkini", che è composto da pantaloni lunghi fino alle caviglie, una tunica larga e lunga e un velo sulla testa. Proprio per sfidare questo pregiudizio contro le donne e questa limitazione della loro libertà, è partita la "ribellione del bikini".

Già prima, i giudizi che circolavano sulle donne che osavano scoprirsi sotto il sole cocente delle dune algerine erano offensivi e malevoli: "Sgualdrine, dove sono i vostri padri?". Man mano che la rivoluzione ha preso piede, però, la controffensiva degli ambienti più conservatori è diventata sempre più dura.

All'inizio gli scandalizzati hanno tentato, invano, di allestire una gogna virtuale per far desistere le ragazze, invitando i testimoni a pubblicare le loro foto in bikini. Poi sono passati ai fatti, tanto che, come spiega Elisabetta Rosaspina sul Corriere della Sera, le autorità algerine hanno dovuto mandare la polizia in spiaggia per proteggere le ribelli dalle molestie degli esagitati autoproclamatisi difensori della morale pubblica che, oltraggiati dalla vista di cotanta pelle, si sono sentiti autorizzati a aggredire, infastidire e molestare le donne "colpevoli" di indossare un bikini.

Prevedendo le reazioni, già le stesse partecipanti si erano organizzate in massa per cercare di proteggersi con la forza del numero da eventuali, anzi molto probabili, molestatori. Ma le reazioni scatenate dalla ribellione, hanno spinto i vertici della polizia a incrementare la presenza degli agenti nelle spiagge frequentate dalle manifestanti per proteggere le bagnanti in costume a due pezzi dalle aggressioni, verbali e non, che i benpensanti e timorati padri di famiglia si sentono autorizzati a perpetrare non appena scorgono un "proibitissimo" ombellico femminile.

"Non abbiamo un intento provocatorio - ha spiegato la 27enne promotrice della rivoluzione al quotidiano locale Provincial - vogliamo solo far cambiare gradualmente la società.

E questo non può avvenire che abituando migliaia di persone a vedere ciò che ancora considerano proibito. Non vogliamo cambiare i loro punti di vista , ma inculcare loro semplicemente la tolleranza perché ogni donna si senta libera di indossare quello che vuole".

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