Altro delitto choc in Iran: studentessa uccisa a manganellate

Nuovo orrore in Iran: una dottoranda 35enne uccisa a manganellate nel Kurdistan. E non si placa la repressione del regime

Nasrin Ghaderi, la studentessa curda uccisa in Iran
Nasrin Ghaderi, la studentessa curda uccisa in Iran

Iran di nuovo sotto choc per la brutalità della polizia dopo il secondo caso di un omicidio di una giovane studentessa a opera delle foze dell'ordine. Sette settimane dopo la morte di Masha Amini, ventiduenne finita in coma e morta dopo essere stata in custodia della "polizia morale", che la aveva arrestata perché non indossava correttamente il velo, è stata segnalata la morte di Nasrin Ghadri, una studentessa curda di Marivan che - secondo l'associazione per i diritti umani Hengaw - sarebbe deceduta ieri dopo essere stata colpita alla testa dalla polizia.

Marivan è una cittadina di poco più di 50mila abitanti al confine nordoccidentale del Kurdistan iraniano. Nasrin Ghadri aveva 35 anni ed era dottoranda in filosofia a Teheran. Sarebbe stata colpita venerdì nella repressione dell'ennesima ondata di proteste che hanno coinvolto anche Marivan. I video sui social media mostrano che il corpo di Nasrin è stato sepolto nella città di Marivan tra strette misure di sicurezza sia al cimitero che nella casa di famiglia della vittima.

I manifestanti hanno accusato il governo di aver forzato la sepoltura della donna in fretta e furia questa mattina e anche di aver costretto il padre ad annunciare che la causa della morte della figlia era legata a una "malattia" o una "intossicazione", versione simile a quella adottata dalle autorità per il caso di Mahsa Amini.

Ciononostante, nuove proteste hanno scosso le università iraniane e il Nord a maggioranza curda dopo l'evento, mentre da parte del governo non è stata ancora diffusa una versione ufficiale in merito al decesso di Ghadri. Le regioni popolate da curdi sono state il crogiolo delle proteste dopo la morte di Amini, lei stessa curda della città di Saqez. E in tutta la Repubblica Islamica le università sono emerse come i principali focolai di protesta. Iran Human Rights (Ihr), un'organizzazione con sede in Norvegia, ha detto che gli studenti della Sharif University di Teheran hanno organizzato sit-in domenica a sostegno dei colleghi arrestati. Gli studenti dell'università di Babol, nel nord dell'Iran, nel frattempo hanno rimosso le barriere di segregazione di genere che per legge sono state erette nella loro mensa.

Ihr stima in almeno 186 le vittime della repressione delle ultime sette settimane. Oltre 118 persone hanno perso la vita in proteste distinte esplose dal 30 settembre in Sistan-Baluchistan, una provincia a maggioranza sunnita nel sud-est, che saldandosi al moto del Nord rappresenta un ulteriore grande mal di testa per il regime. Amnesty International nel frattempo ha detto che si teme che fino a 10 persone siano morte nelle violenze di venerdì a Khash, accusando le forze di sicurezza di sparare contro i manifestanti dai tetti.

"Gli iraniani continuano a scendere in piazza e sono più determinati che mai a portare cambiamenti fondamentali", ha detto il direttore dell'Ihr Mahmood Amiry-Moghaddam. "La risposta della Repubblica islamica è sempre più violenta". Le proteste sono state nata dalla rabbia per le regole restrittive di abbigliamento per le donne, per le quali Amini era stata arrestata. Ma ora sono diventati un ampio movimento contro la teocrazia che ha governato l'Iran dalla caduta dello scià. E in quest'ottica possono allargarsi alle rivendicazioni del Sistan-Baluchistan, regione ove il presunto stupro di una ragazza in custodia della polizia è stata la scintilla per le proteste, i cui abitanti da tempo si sentono a discriminati dalla leadership sciita della nazione. La morte di Nasrin Ghadri appare l'ennesimo fattore di destabilizzazione in grado di incrementare il caos delle proteste.

La reazione del regime di Teheran non sembra destinata a placarsi. La stragrande maggioranza dei 290 parlamentari iraniani ha approvato oggi una risoluzione che chiede che la magistratura applichi "occhio per occhio" la giustizia retributiva quando si tratta di trattare i casi giudiziari dei protestanti, etichettati come "nemici di Dio", nel paese dilaniato dal conflitto. La dichiarazione, approvata oggi da 227 parlamentari, segna un cambio di passo nella repressione. Il richiamo è al principio giuridico del Mofsed-e-filarz, proprio del diritto penale iraniano, che secondo le leggi della Repubblica Islamica applica la pena di morte a chi è ritenuto colpevole di "inimicizia contro Dio" o di "spargimento della corruzione sociale sulla Terra" ed è stato di fatto indicato come bersaglio della repressione politica.

Nel frattempo, in Iran, gli estremisti accusano il segretario del Consiglio supremo di sicurezza nazionale iraniano (Snsc) Ali Shamkhani per non aver soppresso le proteste con maggiore brutalità. Nelle osservazioni videoregistrate pubblicate su Internet domenica, l'ex parlamentare Hamid Rasaei, un religioso intransigente, ha affermato che tutti gli organi di sicurezza con cui ha parlato "puntano nella direzione del segretario del Consiglio supremo di sicurezza nazionale" come colpevole per il rifiuto di un'escalation di violenze volte a sopprimere le proteste. Rasaei ha anche accusato il presidente Ebrahim Raisi di non aver agito tempestivamente e di aver costantemente rinviato la sostituzione di Shamkhani.

La morte di Nasrin Ghadri spaccherà ulteriormente anche il regime se nei prossimi giorni le proteste si faranno sempre più ambiziose e minacciose per la Repubblica Islamica e tra chierici oltranzisti e uomini dello Stato la divisione tra falchi e colombe si farà sempre più netta.

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