La Birmania libera i detenuti comuni ma arresta i dissidenti politici

Il vecchio governo aveva promesso di liberare tutti i prigionieri politici entro la fine del 2013. Ma così non è stato. Ancora una settantina di dissidenti sono in carcere e oltre 400 sono in attesa di giudizio

La Birmania libera i detenuti comuni ma arresta i dissidenti politici

Le autorità birmane hanno recentemente liberato 101 prigionieri che erano incarcerati nelle galere del Paese. Di questi, 52 sono prigionieri politici. Ovvero dissidenti della sanguinosa giunta militare al potere negli ultimi decenni.

Il vecchio governo, guidato dall’ex generale Thein Sein, aveva promesso di liberare tutti i prigionieri politici entro la fine del 2013. Ma così non è stato. Secondo l’Assistance Association for Political Prisoners (Aapp) - fondata da Tate Naing, il leader della rivolta studentesca del 1988 -, una delle più importanti associazioni che dalla vicina Thailandia controlla le condizioni dei detenuti di coscienza in Birmania, infatti, sarebbero ancora più di settanta i dissidenti incarcerati e oltre 400 in attesa di un regolare processo.

L’associazione spiega che nelle varie amnistie concesse dalle autorità birmane dal 2011 ad oggi - cioè da quando il governo ha iniziato una serie di riforme “democratiche” - sono stati liberate circa 1300 persone, ma sottolinea che “molti sono criminali comuni e non dissidenti politici”.

L’organizzazione per i diritti umani Burma Campaign UK, non solo conferma i numeri riportati dall’Aapp, ma denuncia nuovi arresti. Il 19 gennaio scorso, riferisce l’associazione, è stato arrestato per reati di opinione U Gambira, un ex leader della rivolta per la democrazia avvenuta nel 2007. “Questo arresto dimostra che la situazione in Birmania non ha fatto nessun cambiamento reale e le persone continuano ad essere incarcerate per le loro convinzioni politiche”.

La speranza per la popolazione è che le elezioni dell’8 novembre scorso

vinte dalla Lega nazionale per la democrazia, il partito guidato dal premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi, possano portare ad un vero cambiamento. Ma di questo passo, la strada per la democrazia è davvero lunga.

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