Dopo molto discutere è arrivata la grazia per Joe Arpaio, ex sceriffo della contea di Maricopa, in Arizona, sotto accusa in un processo che sarebbe finito in aula a ottobre e che poteva portarlo in carcere. L'85enne ex uomo della legge è stato ritenuto "candidato degno" del perdono di Trump, in virtù del suo "lavoro di unvita per proteggere i cittadini dal crimine e dall'immigrazione illegale".
Parole che negli Stati Uniti hanno fatto scoppiare una polemica, sulla base del fatto che Arpaio, durante la sua carriera da sceriffo, è a lungo stato al centro delle cronache per i suoi metodi, ritenuto colpevole di "profiling" degli ispano-americani residenti nella contea di cui era responsabile, spesso fermati durante le sue ronde anti-immigrazione, pure in assenza di ragioni valide per farlo.
Auto-proclamatosi "lo sceriffo più duro d'America", Arpaio aveva re-introdotto l'uso delle catene per i prigionieri, donne e minori compresi, e negli anni Novanta aveva spinto per l'istituzione di una prigione all'aria aperta ("Tendopoli"), che aveva presentato come una soluzione per il sovrappopolamento delle carceri, equiparandola in un'intervista che rilasciò nel 2009 a un campo di concentramento nazista.
Il quotidiano locale Phoenix New Times sostenne in un'inchiesta pubblicata due anni fa che nella prigione di Arpaio le percentuali di detenuti suicidi era troppo alta rispetto al
resto del Paese, con il 24% dei deceduti morto per essersi tolto la vita. E in America anche il tempismo dell'annuncio, arrivato durante un "blackout delle news" per l'imminente arrivo dell'uragano Harvey, è sotto scrutinio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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