Nel complesso gioco di specchi e labirinti che è quella “guerra asimmetrica” che sta da tempo travagliando gran parte del mondo islamico, vi è un riflesso, o meglio un conflitto che si sta combattendo in modo meno appariscente degli altri e che, pure, riveste un’importanza non secondaria.
È la guerra, ormai palese anche se mai ufficialmente dichiarata, fra la “vecchia” Al Qaeda, guidata dal dottor Ayman al-Zawairi, e il nuovo Stato Islamico, l’IS, con il Califfo al- Baghdadi. Guerra che origina da un ormai annoso contrasto per la leadership della complessa galassia jihadista, che, dietro la parvenza di un accordo tra le due organizzazioni, è sempre stato latente, sin da quando l’IS si chiamava ancora Al Qaeda in Iraq e a guidarla era il suo fondatore al- Zarkawi; anzi, proprio allora, nel pieno del conflitto con le truppe statunitensi che avevano abbattuto il regime di Saddam Hussein, emersero le prime, radicali differenze tra l’organizzazione irakena e la “rete” fondata da bin Laden; differenze che, nel tempo, sono andate sempre più accentuandosi, scavando un fossato che oggi sembra difficile da colmare. Perché non si tratta solo di una questione di leadership – il Califfo contro il dottor al-Zawairi – ma anche, in primo luogo, di visione strategica e, ancor più, di ideologia. O, se vogliamo, di interpretazione dell’Islam.
Vediamo, allora, di sintetizzare sommariamente le differenze principali fra gli eredi di bin Laden e i nuovi jihadisti. In primo luogo, come dicevamo, le differenze dottrinarie nell’interpretazione dell’Islam radicale. Al Qaeda ha una chiara matrice wahabita/salafita, che, per altro, è la stessa dell’IS; tuttavia né bin Laden, né al-Zawairi hanno mai teso a marcare troppo il contrasto tra sunniti e sciiti – che pure per loro sono “eretici” – per evitare di entrare troppo decisamente in conflitto con l’Iran degli ayatollah e con organizzazioni come Hezbollah in Libano, senza dimenticare la stessa palestinese Hamas che, pur formata da sunniti, è notoriamente legata a filo doppio con Teheran.
Parimenti Al Qaeda non ha mai approvato né favorito la guerra, o meglio il jihad contro i cosiddetti “cattivi musulmani”, ovvero tutti quelli che seguono forme, anche interne al mondo sunnita, ben poco compatibili con la dottrina dei radicali islamisti. E questo perché lo scopo primo di bin Laden e dei suoi eredi è sempre stato quello di coalizzare quanto più possibile il mondo islamico in funzione anti-occidentale, in parola povere contro i Sovietici in Afghanistan prima, poi, a livello sempre più globale, contro gli Stati Uniti, considerati il Nemico che opprime il mondo islamico. Di qui una strategia volta a colpire direttamente obiettivi mirati in Occidente, e a tessere una sorta di rete di collegamento tra tutte le organizzazioni jihadiste dell’orbe islamico, senza guardare troppo per il sottile alle questioni dottrinarie. Inoltre Al Qaeda che, significativamente, significa “La Base”, è sempre stata più che altro una “piattaforma” o, se si vuole, un “brand” utile ad accomunare e collegare i jihadisti, ma non una vera e propria direzione strategica; e le azioni comandate direttamente dalla sua leadership sono sempre state essenzialmente rivolte a colpire l’Occidente e in Occidente: dalle Due Torri a, oggi, il massacro di Parigi, non a caso attuato da affiliati ad Al Qaeda nella Penisola Arabica.
Infine l’organizzazione fondata da bin Laden non ha mai rivestito o cercato di rivestire ruoli di governo anche nei paesi che le hanno offerto basi e copertura come l’Afghanistan dei Talebani o il Sudan, e ha sempre considerato la rinascita del Califfato come un obiettivo remoto, una sorta di mito politico-escatologico.
L’IS, all’opposto, si è caratterizzata nel tempo come un’organizzazione protesa a conquistare un ben preciso territorio, e ad assoggettarlo ad un proprio sistema statuale, amministrativo e giuridico. La sua azione, pertanto, è sempre stata prevalentemente diretta verso ben precisi teatri operativi, prima l’Iraq, poi la Siria, oggi, con un’espansione a macchia d’olio, il Libano, l’Egitto e, dalla Libia, i paesi del Maghreb. L’obiettivo è sempre stato quello di creare un vero e proprio Stato Islamico, primo embrione del nuovo Califfato. E la sua direzione strategica è verticistica, di tipo militare, utile per condurre vere e proprie campagne di conquista territoriale, meno duttile e efficace per colpire all’estero, fuori dal mondo islamico. Dove, appunto, il Califfo fa più che altro appello ai “cani sciolti”, una sorta di spontaneismo armato non prevedibile proprio perché non organizzato.
Inoltre il principale obiettivo dell’IS non è rappresentato dal nemico Occidentale, considerato lontano, ma dai governi e regimi del mondo arabo-islamico considerati impuri ed apostati. Il jihad del Califfo, infatti, è diretto prima contro gli “eretici” sciiti, e quindi contro gli iraniani, poi contro tutti quei sunniti che non accettano la versione radicale dell’Islam propugnata dall’IS, ed elevata ad ideologia totalitaria. In sostanza gli Occidentali vengono combattuti soprattutto perché, in questa fase, ostacolano il disegno della creazione del grande Califfato globale. Il cui fine ultimo, comunque, è la conquista e la sottomissione dell’intero mondo. Di fatto, però, l’azione dell’IS si svolge attualmente più su un piano di espansione territoriale, tant’è vero che il suo “brand”, a differenzia di quello di Al Qaeda, implica non solo un’adesione ideologica, ma anche l’accettazione di un via via sempre più stretto collegamento con il cuore del Califfato. Quindi, in certo qual modo, una sorta di sottomissione feudale, come quella che sembra caratterizzare il rapporto fra l’IS e il cosiddetto “Emirato di Derna” in Libia. Il successo dell’IS è palese nel diffondersi del suo marchio e delle sue bandiere cui sempre più gruppi jihadisti dall’Asia Centrale, al Caucaso sino all’Africa sub-sahariana vanno progressivamente aderendo. Una concorrenza che sta mettendo in difficoltà Al Qaeda che, proprio per questo, cerca di recuperare visibilità attraverso azioni eclatanti come quelle di Parigi. Su questi temi, un maggior approfondimento del tema è consultabile in “Masters of Terror”, il nuovo numero de “Il Nodo di Gordio”, rivista di studi geopolitici (www.nododigordio.org).
Mentre l’IS, almeno per ora, sembra considerare Europa e Stati Uniti soprattutto come aree di reclutamento e raccolta appoggi.
Andrea Marcigliano
Senior fellow del think tank “Il Nodo di Gordio”
www.NododiGordio.org
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