Ha lottato per anni per la libertà e i diritti umani ed ha pagato sulla propria pelle questa "sfida" al regime di Pechino. Liu Xiaobo, premio Nobel per la pace nel 2010, è morto all'età di 62 anni (li avrebbe compiuti il prossimo 28 dicembre). Scrittore, docente e attivista, l'8 dicembre 2008 era stato arrestato per attività sovversiva. La sua colpa? Essere il primo firmatario (quindi l'anima) del movimento "Charta 08". Dopo un anno dietro le sbarre fu condannato a 11 anni di prigione. L'8 ottobre 2010 ricevette il Premio Nobel per la pace "per il suo impegno non violento a tutela dei diritti umani in Cina".
Liu Xiaobo da tempo era ricoverato in un ospedale di Shenyang, nel nord-est della Cina, per un tumore al fegato in fase terminale. Le sue condizioni ultimamente si erano molto aggravate. I suoi familiari avrebbero rifiutato la richiesta di intubarlo.
La comunità internazionale aveva rivolto diversi appelli a Pechino per permettere al premio Nobel di ricevere cure all’estero. La Germania e gli Stati Uniti si erano detti pronti a ospitarlo e curarlo, chiedendo a Pechino di dare priorità agli aspetti umanitari. Lo stesso Liu domenica scorsa aveva chiesto ai medici stranieri (uno statunitense e uno tedesco) di potere lasciare il Paese per farsi curare. Ma questi disperati appelli non sono stati accolti. "E' un "affare interno - ha sempre risposto il regime -. La Cina è un paese in cui vige lo stato di diritto, tutti sono uguali
davanti alla legge e ci auguriamo che gli altri Paesi rispettino la nostra sovranità giudiziaria e non utilizzino un singolo caso per interferire con i nostri affari interni della Cina".
Nato nel 1955 a Changchun (Nord della Cina), era cresciuto in Mongolia, dove la sua familia era stata costretta a trasferirsi negli anni della Rivoluzione culturale. Dopo la laurea si specializzò su un tema che era tutto un programma: "Estetica e libertà dell'uomo". Proseguì il suo percorso di studi in Europa e poi negli Stati Uniti. Nel 1989 lasciò la tranquillità della Columbia University (New York) per lottare con gli studenti di Piazza Tienanmen. Finì male, con i carri armati che spazzarono via la protesta, uccidendo nella culla il sogno della libertà. Finì in carcere, ai lavori forzati. Nonostante le sue proteste sempre pacifiche, subì numerosi arresti e limitazioni della libertà. Persino il suo nome era censurato, per evitare che i cinesi potessero leggere i suoi scritti e le sue critiche al pensiero unico.
L'ultima sfida fu Charta 08, un manifesto pubblico che si ispirava alla famosa Charta 77, scritta dai dissidenti di Praga negli Anni Settanta. Per la pubblicazione di Charta 08 Liu Xiaobo, primo firmatario, scelse una data simbolica, il 60º anniversario della proclamazione della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Charta 08 in buona sostanza fu un grande appello alla libertà di espressione, al rispetto dei diritti umani e alle libere elezioni libere.
Liu Xiaobo chiedeva riforme democratiche e il rispetto dei diritti umani, compresa, ovviamente, la libertà di pensiero. Una sfida davvero troppo alta per il regime di Pechino. Che gliela fece pagare chiudendolo in prigione.
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