"La Cina sapeva che il mercato di Wuhan era a rischio"

A denunciare che le autorità cinesi conoscessero da tempo il pericolo epidemico rappresentato dal mercato di Wuhan è stato un docente di Sydney

"La Cina sapeva che il mercato di Wuhan era a rischio"

Dall’Australia arriva una denuncia del fatto che le autorità cinesi sapevano già cinque anni prima dell’esplosione della pandemia di Covid che il mercato cinese di Huanan, nella città di Wuhan, era un potenziale mega focolaio di malattie. A rivelare ciò, in una recente intervista al Telegraph, è stato il professor Eddie Holmes, biologo e virologo britannico attualmente in servizio presso l’università di Sydney. Nel mercato di Wuhan, hanno testimoniato finora innumerevoli foto e reportage, si vendevano e macellavano anche animali selvatici, ma l’ultimo rapporto ufficiale dell’Oms sulle origini del coronavirus ha omesso tale particolare. Lo stesso documento ha inoltre ridimensionato la tesi per cui tale luogo di smercio sarebbe stato il focolaio alla base della pandemia, affermando che nessuno dei 457 campioni biologici animali prelevati in quel mercato tra gennaio e marzo 2020 sarebbe risultato positivo al Covid. Lo stesso dossier, in merito alle condizioni igieniche del controverso mercato, stabilisce: “Il manager del mercato ci ha informato che quel luogo veniva pulito due volte al giorno, mattina e sera. Parassiti e ratti venivano cercati e uccisi; le tane dei roditori venivano sigillate. Una pulizia rigorosa veniva eseguita una o due volte a settimana. Anche se ci sono stanze sopra alcune bancarelle, i venditori non erano autorizzati a vivere nel mercato”. Nonostante le smentite ufficiali dell’Oms e delle autorità di Pechino, il professor Holmes ha ultimamente rilanciato la teoria che indica Huanan come il principale teatro della nascita del coronavirus.

L’accademico ha infatti dichiarato che sarebbero stati proprio dei funzionari sanitari cinesi a fargli scoprire nel 2014 il mercato incriminato, presentandoglielo appunto come un luogo estremamente favorevole agli “spillover”, ossia alle trasmissioni di malattie dagli animali all’uomo. Ad accompagnare Holmes e altri scienziati in quella visita a Huanan sarebbero stati, ha affermato il docente, dei funzionari dell’agenzia sanitaria governativa Wuhan Centre for Disease Control (Cdc) e li avrebbero condotti in quel posto per mostrare e fare studiare loro un ambiente ideale per lo sviluppo delle pandemie del Terzo millennio.

Agli occhi di Holmes, in quel frangente, si sarebbe presentato uno scenario raccapricciante: gabbie di animali selvatici impilate l’una sull’altra e a stretto contatto con i clienti delle bancarelle, macellazioni a cielo aperto, bestie prese a bastonate e sviscerate davanti agli avventori. Il tutto lungo una vasta rete di strette strade coperte nel cuore di Wuhan. Nel mercato in questione, ha ribadito il professore di Sydney, c’erano quindi tutti gli elementi adatti a favorire l’esplosione di un contagio di massa. Parlando poi di come sia stato possibile che le autorità cinesi non abbiano stroncato sul nascere lo sviluppo del Covid, Holmes ha puntualizzato di non essere sicuro se il Cdc di Wuhan abbia intensificato la sorveglianza della malattia nel mercato di Huanan o abbia introdotto nuove e più stringenti misure di sicurezza negli anni precedenti la pandemia.

Nonostante il recente rapporto Oms non abbia ufficialmente rilevato alcun nesso tra il mercato incriminato e le origini della pandemia, resta il fatto che, delle prime 41 persone ricoverate in ospedale a Wuhan con polmonite da Covid verso la fine del 2019, due terzi di queste avevano frequentato il mercato citato. Quest’ultimo è stato comunque chiuso e sigillato dalle autorità locali il primo gennaio 2020.

La pericolosità del luogo di smercio è stata anche segnalata dagli stessi ricercatori cinesi, mediante uno studio, condotto sempre agli inizi dello scorso anno, con cui sono stati prelevati campioni da ogni angolo di Huanan (dai bidoni della spazzatura, porte e bancarelle a gatti e topi randagi).

Gli scienziati asiatici, alla luce dei risultati delle analisi, avevano allora riscontrato in tale mercato una contaminazione diffusa "compatibile con l'introduzione del coronavirus attraverso persone infette, animali malati o prodotti contaminati".

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