Facebook è un'arma sempre più pericolosa secondo l'attore comico Sacha Baron Cohen che nei giorni scorsi si è scagliato duramente contro Facebook: il social network fondato da Mark Zuckerberg nel 2004 che ha rivoluzionato la diffusione di informazioni tramutandosi in ciò che l'attore non ha stentato a difinire "la più grande macchina di propaganda politica della storia", e che nonostante quanto sostenga il suo fondatore, continua a dimostrare un concetto molto labile di "libertà di parola".
Campo di battaglia prediletto dagli "haters" - l'eterogeneo esercito di esternatori d'odio sempre attivo su ogni fronte e in ogni occasione - Facebook sarebbe diventato, secondo il punto di vista dell'attore che ha recentemente tenuto un tenace discorso a sfavore della piattaforma, un diffusore di idee pericolose e alla portata di tutti. Un fertile campo cibernetico dove i demagoghi possono coltivare i peggiori istinti degli utenti - spesso incapaci di distinguere notizie vere da falsità confezionate in maniera più o meno sapiente. Dove altrettanto spesso viene promossa la violenza con l'ausilio dell'immensa portata di Internet. Che ha il potere di "raggiungere" tutti.
Cohen, noto alle cronache per le sue interpretazioni irriverenti in pellicole come Borat (al centro di pensati accuse di razzismo) e The Dictator, ha affermando che se Facebook fosse esistito negli anni '30, forse avrebbe permesso anche a "Hitler di acquistare pubblicità politica e avere così una piattaforma per le sue idee anti-semite". "Zuckerberg non avrebbe esitato", ha asserito l'attore britannico di origine e fede ebraica durante il suo discorso a New York; ma non ha risparmiato neanche gli altri principali colossi protagonisti della nuova era della comunicazione, quali Google, Twitter e YouTube. Per Cohen tutti i così detti "Silicon Six" (Mark Zuckerberg per Facebook , Sundar Pichai per Alphabet/Google, Larry Page e Sergey Brin per Alphabet , Susan Wojcick per YouTube e Jack Dorsey Twitter) sarebbero tutti "colpevoli" di prestarsi, per denaro, alla divulgazione di "assurdità" che possono raggiungere facilmente "miliardi di persone". Essi inoltre potrebbero finire con il detenere il "futuro" dell'informazione, scegliendo cosa mostrarci e cosa non mostrarci attraverso i loro algoritmi già al centro di diverse inchieste giornalistiche. "Se paghi, Facebook pubblicherà qualsiasi pubblicità politica tu voglia, persino se è una bugia", ha polemizzato l'attore, "Se Facebook fosse esistito negli Anni '30, avrebbe permesso a Hitler di postare pubblicità di 30 secondi sulla sua soluzione per la questione ebraica".
L'appello dell'attore, che ha posto l'attenzione sui più recenti interventi pubblici del fondatore di Facebook riguardo le nuove regolamentazioni che dovrebbero verificare i contenuti della sua piattaforma, ha invitato a: "Ripensare in modo radicale i social media e a come diffondono odio, cospirazioni e bugie", di "razzismo e misogenia". Cohen, in fine, ha messo anche in dubbio l'imparzialità di Facebook, quale falso "bastione della libertà di pensiero" come invece ha sempre sostenuto il suo fondatore Mark Zuckerberg. Come riportato da Agi.com , i giganti dei social media e le società di Internet sono da tempo "sotto pressione per arginare la diffusione di disinformazione e fake news, legate alle campagne elettorali". Per questo Baron Cohen, intervenendo a un summit della Anti-Defamation League, ha puntato il dito contro Zuckerberg e la scelta di non effettuare un fact-checking sulle pubblicità politiche, vietando quelle che contengono falsità.
Attualmente questo esercizio di ricerca, monitoraggio e cancellazione dei contenuto inadatti applicato da Facebook , ha già palesato - anche in Italia attraverso la cancellazione di diversi profili e pagine, dagli account di CasaPound alla pagina delle Sardine - criteri totalmente arbitrari e spesso fallibili, che possono influire sensibilmente sulla scena politica - non meno delle operazioni lanciate dagli eserciti di troll che vengono attribuiti alla Russia e che cercherebbero di "destabilizzare" l'Occidente.
L'intrusione della vita di tutti i giorni dei social network e della "lente" attraverso la quale essi ci mostrano (o vogliono mostrare) il mondo, ha rivelato il rischio sempre più tangibile che potrebbe celarsi dietro queste enormi piattaforme, e che raggiungendo il quasi monopolio della diffusione di informazione, ma rimanendo pur sempre in mano a privati, un giorno potrebbero essere padrone di scegliere "chi e come", sebbene siano soggette a diverse leggi - che spaziano da quelle della privacy a quelle più recenti appunto, del blocco ed eliminazione di profili e contenuti che non rispettando determinati "standard"; e come esse non si vogliano emancipare da quelle politiche arbitrarie e da quei termini di giudizio spesso aleatori che oramai sembrano rendere queste "grandi macchine di propaganda" qualcosa che fa tornare alla mente i mezzi impiegati dal Minamor del distopico futuro predetto dallo scrittore George Orwell nel suo romanzo 1984.
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