Un altro paziente statunitense ricoverato nel Connecticut, allo Yale-New Haven Hospital, potrebbe avere i sintomi dell'ebola. Lo ha annunciato la struttura sanitaria, con un comunicato in cui chiarisce che le analisi sono ancora in corso e che però non è possibile confermare né smentire la diagnosi.
Sono altri due i pazienti per cui il contagio è stato confermate: si tratta in entrambi i casi di infermiere che avevano curato Thomas Eric Duncan, il paziente zero statunitense morto alcuni giorni fa.
Tra ieri e oggi si è parlato parecchio della seconda infermiera, Amber Joy Vinson. La donna infatti si era imbarcata su un volo su cui si trovavano altre 132 persone per partecipare a un matrimonio e fare visita alla famiglia, il giorno prima del ricovero.
La notizia, emersa ieri, ha spinto il presidente Barack Obama a convocare una riunione d'urgenza alla Casa Bianca, al termine della quale il presidente ha ricordato che il rischio di contagio da ebola è molto basso e anche che, a differenza dell'influenza, la malattia "non è trasmessa per via aerea".
A rispondere alle preoccupazione sollevate dal viaggio della Vinson è stato oggi il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie negli Stati Uniti (Cdc). Se ieri un funzionario aveva commentato che "non avrebbe dovuto volare", oggi il Cdc, che ha autorizzato la Vinson a partire, ha chiarito che prima di salire sull'areo l'infermiera aveva parlato delle sue condizioni di salute.
Al Centro responsabile per il monitoraggio la Vinson ha comunicato di avere la febbre, sotto i 38 gradi. A 38.6 la soglia oltre cui è possibile avvenga un contagio. Inoltre la donna non mostrava nessuno dei sintomi legati all'ebola (diarrea, vomito, emoraggie e dolori muscolari, forti mal di testa).
Obama, che pure ha ricordato che difficilmente in Occidente si diffonderà un contagio su numeri importanti, ha comunque chiarito che, se non si risponderà alla "furiosa epidemia nell'Africa occidentale
4671058654785px;">" il rischio di una diffusione globale è reale. Il bilancio delle vittime è al momento a 4.493 morti in sette diversi Paesi: Liberia, Sierra Leone e Guinea (i più colpiti), poi Nigeria, Senegal, Spagna e Stati Uniti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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