Sorridente, ma estremamente composto Mike Pence, capelli bianchi e cravatta azzurro acceso, ha applaudito il discorso della vittoria e alla fine ha stretto la mano del neopresidente Donald Trump, ma senza lasciarsi andare a un abbraccio liberatorio. Il nuovo vicepresidente degli Stati Uniti, a differenza del magnate newyorkese, è un politico di lungo corso: cinquantasette anni, ha seduto per 12 alla Camera dei rappresentanti tra gli scranni repubblicani del Gran Old Party (Gop) ed è il governatore uscente dell'Indiana. Nato e cresciuto nello Stato della cosiddetta "Corn belt", Pence si è definito "un cristiano, un conservatore e un repubblicano. In quest'ordine", quando il 15 luglio scorso è stato indicato come candidato vicepresidente da Trump alla Convention repubblicana di Cleveland. Di origini irlandesi, Pence nelle primarie repubblicane aveva sostenuto il senatore texano Ted Cruz: "Non avrei mai immaginato di trovarmi qui", disse al momento di essere indicato come vicepresidente e poi scherzando: "Trump è noto per la sua forte personalità e per il suo carisma: immagino cercasse un pò di equilibrio nel ticket".
Lo speaker repubblicano della Camera dei Rappresentanti, Paul Ryan, lanciandolo alla ribalta nazionale aveva sottolineato: "È un uomo molto religioso, che arriva dal cuore dell'America". Pence è stato tra i primi parlamentari ad abbracciare il movimento ultra-conservatore dei Tea Party e nel marzo scorso, come governatore dell'Indiana aveva firmato un provvedimento - poi bloccato da un giudice federale - per impedire a una donna di abortire. A sorpresa ha però appoggiato la riforma sanitaria voluta da Obama. Nel corso della campagna elettorale si è distinto vincendo il faccia a faccia contro il rivale democratico Tim Kaine, a differenza di Trump sempre sconfitto secondo i sondaggi da Hillary Clinton nei tre confronti televisivi. Considerato inizialmente come un 'cane da guardià messo lì dallo stato maggiore repubblicano diffidente nei confronti di Trump, Pence aveva preso le distanze da alcune dichiarazioni pro Putin del suo collega di ticket ed era arrivato a dichiararsi "offeso", tanto da "non poter giustificare nè perdonare le parole" di Trump, dopo la diffusione di un video considerato sessista con il magnate come protagonista.
Ma meno di 48 ore dopo si era rimesso in riga e, smentendo le speculazioni che lo davano sul punto di abbandonare il compagno di cordata, aveva precisato: "Non se ne parla: correre con lui è il più grande onore della mia vita". E alla fine della notte elettorale nella festa dell'hotel Hilton di New York, ha salutato la vittoria di Trump affermando: "L'America ha parlato, la renderemo grande"- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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