Da Monaco di Baviera
Ogni quindici minuti, i pullmann carichi di migranti lasciano la stazione dei treni con la regolarità di un pendolo. Con teutonica precisione, i profughi in arrivo all'Hauptbanhof di Monaco di Baviera vengono registrati e imbarcati su una lunga fila di torpedoni che li condurranno fino ai centri di accoglienza.
Quando arrivo nel capoluogo bavarese la calma sembra regnare sovrana, con le strade inondate di sole e la città che si prepara placida all'incombente Oktober Fest. Eppure a scavare appena sotto la superficie si scopre una realtà ben diversa: al di là di qualche sparuto attivista dei verdi che accogli i profughi con cartelli e sorrisi d'incoraggiamento, i passanti osservano gli arrivi scuotendo la testa con scetticismo.
La sparata di Angela Merkel, che aveva parlato di "accoglienza senza limiti" non è piaciuta al pragmatismo germanico. "Accogliere va bene, ma è necessario un piano - chiosa Herbert, un pensionato sulla settantina - Ne arrivano troppi e senza controlli".
In molti puntano il dito contro il fenomeno dei "falsi rifugiati": disperati di ogni provenienza che si fingono siriani pur di ottenere l'asilo politico, sperando di infiltrarsi nelle maglie troppo larghe dei controlli. Al netto dei pochi che si schierano senza riserve con la cancelliera (una coppia altoborghese si dice pronta ad accogliere una famiglia di profughi per Natale), la maggioranza dei monacensi esprime preoccupazione per il futuro, se gli arrivi continueranno con il ritmo attuale.
Una donna di mezza età che parla un discreto italiano sottolinea l'allarme sociale già grave nei quartieri popolari: "Con tutti questi uomini giovani, soli e sfaccendati saremo noi donne le prime a pagare le conseguenze di questa immigrazione incontrollata." C'è poi chi teme una precoce (e, nella visione di molti, selvaggia) islamizzazione: la paura di una Germania sottoposta alla Shari'a non è così rara.
Persino tra gli immigrati residenti a Monaco da più tempo si può cogliere sconcerto e risentimento: un ragazzo tunisino si lamenta davanti alla telecamera perché a lui non è stato concesso lo status di rifugiato. "Per la Siria è un conto, ma qui ci sono persone che vengono da Paesi dove la guerra non c'è: e allora io che dovrei dire? Anche nel mio Paese ci sono problemi, ma la Merkel a me non concede l'asilo politico."
Dal 2011 ad oggi in Germania sono state presentate oltre mezzo milione di richieste d'asilo, più del doppio rispetto alla Francia e più del triplo dell'Italia. Il tasso d'accettazione, riferisce lo Spiegel, è alto, dell'87%. Nei primi sei mesi dell'anno la polizia federale ha registrato 199 attacchi contro centri di accoglienza, quasi il triplo rispetto all'anno precedente.
Tuttavia la contestazione violenta di neonazisti e populisti di destra rappresenta una manifestazione estremistica e tutto sommato marginale del problema. La maggioranza silenziosa dei tedeschi sembra essere più preoccupata che arrabbiata, più ansiosa per il futuro che aggressiva. Il giudizio verso la Merkel, però, resta comunque piuttosto duro.
Aprire le frontiere è facile. Difficile è accogliere i profughi, garantire loro una casa, un lavoro, il ricongiungimento con le famiglie. Ed è per questo che vogliamo prenderci un impegno: quello di raccontare la fine di questo viaggio, che a Monaco si conclude solo geograficamente.
Tra sei mesi proveremo a ricontattare alcuni dei migranti che
abbiamo conosciuto in queste due settimane, per comprendere come prosegua la loro storia una volta raggiunta l'agognata meta. L'Europa, la Germania, erano davvero l'Eldorado? Per una volta, solo il tempo potrà dirlo davvero.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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