Un rifugiato siriano residente in Germania dal 2015 è stato incriminato con l’accusa di essere un “decapitatore al servizio dell’Isis”.
I magistrati di Coblenza hanno infatti aperto un fascicolo per “crimini di guerra” a carico di un trentatreenne originario del Paese arabo, riconosciuto quattro anni fa da Berlino come meritevole di asilo politico per “ragioni umanitarie”. Secondo l’emittente Deutsche Welle, tale soggetto sarebbe “già noto alle forze dell’ordine”, in quanto, dal giorno del suo arrivo nella nazione teutonica, sarebbe stato già arrestato diverse volte per reati minori.
Attualmente, l’uomo è sospettato di avere perpetrato atrocità in Medio Oriente agli ordini del Califfato nero e i capi d’imputazione in questione sono stati formulati dagli inquirenti sulla base delle testimonianze di altri rifugiati siriani presenti in Germania. Sarebbero stati proprio costoro, svelando i particolari del passato del controverso individuo, a indurre polizia e magistrati a sottoporre a perquisizione l’abitazione del trentatreenne e proprio durante gli accertamenti sarebbero state rinvenute dagli investigatori “prove altamente compromettenti” ai danni del profugo.
Analizzando il cellulare del sospettato, le forze dell’ordine hanno infatti rinvenuto numerosi video di scontri a fuoco e azioni militari da parte di membri dell’Isis nonché numerose foto in cui costui posa, sfoggiando espressioni divertite, con in mano delle “teste mozzate”. Grazie ai racconti fatti dai Siriani interrogati e al raccapricciante contenuto del telefonino, i magistrati di Coblenza sono quindi riusciti a ricostruire il curriculum criminale del trentatreenne.
L’indagato avrebbe appunto combattuto per l’organizzazione jihadista dal 2012 al 2015, partecipando a scontri bellici consumatisi nei pressi della città di Dara'a, nel sud del Paese governato dal presidente Assad. Egli, negli anni trascorsi al servizio dello Stato Islamico, avrebbe ucciso“centinaia di soldati governativi e di civili innocenti” per poi “fare scempio dei loro cadaveri”, decapitandoli e facendosi poi scattare delle foto mentre teneva in mano le teste delle vittime e le derideva.
L’indagato, riporta sempre Deutsche Welle, starebbe provando a discolparsi affermando, tramite il suo legale, di non avere mai fatto del male a nessuno e che le teste in questione non apparterrebbero alle vittime della sua furia omicida, ma sarebbero state da lui
semplicemente rinvenute“sotto delle macerie”.In base alla normativa tedesca vigente, il profugo rinviato a giudizio per crimini di guerra rischia, se condannato, da uno a dieci anni di carcere.
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