Un italiano nel Donbass: "Combatto senza armi per aiutare i filorussi"

La testimonianza di Vittorio Nicola Rangeloni, un 24enne nato in provincia di Lecco, che è partito nel maggio scorso per l'Ucraina

Vittorio Nicola Rangeloni mentre intervista alcuni miliziani filorussi
Vittorio Nicola Rangeloni mentre intervista alcuni miliziani filorussi

I media ucraini hanno riferito che il 22enne italiano Francesco Estatico, sarebbe stato fermato nei giorni scorsi dalle guardie di frontiera ucraine, mentre tentava di raggiungere le zone controllate dai miliziani filorussi per unirsi a loro e combattere contro le forze di Kiev. Le notizie che ci sono arrivate sono confuse, ma è certo che nei mesi passati, diversi italiani sono partiti per dare il proprio supporto ai separatisti.

Tra questi c'è anche Vittorio Nicola Rangeloni, un 24enne nato in provincia di Lecco, che è partito il maggio scorso per aiutare i filorussi. Ma lui, a differenza di altri, non lo fa con le armi. Non imbraccia un fucile. Ha scelto di raccontare le terribili storie che vede in queste zone martoriate. “Non potevo rimanere indifferente”, spiega a ilgiornale.it. “Tacere significava essere complice”. Per questo “ho deciso di venire e dimostrare cosa succede per davvero, dando il mio contributo a questa giusta causa”.

Ora Rangeloni, dopo che ha preso in Italia un diploma come geometra, lavora a LNR Today, l'agenzia del ministero dell'Informazione della Repubblica Popolare di Lugansk.

Avete qualche notizia ufficiale sul ragazzo italiano fermato nei giorni scorsi?

Secondo diverse fonti ucraine, il ragazzo in questione, avrebbe cercato di entrare per ben due volte da diversi punti: la prima volta dalle posizioni del fronte dell'esercito ucraino ad una manciata di chilometri dal villaggio “Donetskij” della Repubblica popolare di Lugansk. La seconda volta passando ad un posto di blocco.

Come mai sarebbe dovuto passare per il fronte nemico?

Una persona con una formazione militare non avrebbe mai commesso un errore del genere. La guerra affascina tante persone che la vedono come un qualcosa di mistico. Parecchie persone mi contattano per chiedermi informazioni su come arrivare qui. Senza i contatti, non lasciano entrare nessuno, nemmeno passando dalla Russia, figuriamoci dalla parte del nemico. Io cerco di scoraggiare queste persone, specialmente quando non hanno nozioni militari o buone basi di russo.

Cosa ne pensa di questa storia?

Io credo che questo sia dovuto alla disinformazione ed alla censura di gran parte dei media europei. La guerra non è un gioco ed ogni errore lo si paga sulla propria pelle. Anche ipotizzando che avesse potuto eludere e scavalcare le trincee dei militari di Kiev, la possibilità di finire su una mina, che sono moltissime in quelle zone, sarebbe stata altissima. Così come reale sarebbe stata la possibilità di finire sotto il fuoco degli stessi ribelli, scambiato per un esploratore ucraino.

Lei quando è arrivato nel Donbass?

Io sono arrivato a maggio.

Da dove è passato?

Sono passato dalla Russia e senza alcun tipo di rischio.

Dove si trova attualmente?

Dopo oltre tre mesi a Lugansk, ora mi sono trasferito a Donetsk per ampliare il raggio di informazioni anche sul fronte della rispettiva Repubblica, la quale negli ultimi mesi è stata coinvolta maggiormente dalla guerra.

Come mai ha deciso di partire?

Le ragioni sono state diverse, ed infondo c'è stata una convergenza di più fattori che mi ha spinto a prendere questa decisione. Il genocidio della popolazione del Donbass per mano ucraina mentre il mondo restava a guardare mi ha toccato parecchio. Qui ho trovato gente che combatte solo per avere la pace e la stabilità nella propria terra, a difesa delle proprie case e della propria cultura che era stata messa in serio pericolo. Da parte mia, chi lotta per la libertà, merita supporto oltre che un po' di invidia, visto che anche in Italia ce ne sarebbe bisogno. Ma questo è un altro discorso.

In Italia cosa faceva?

In Italia ero uno dei tanti giovani in cerca di un lavoro, con un interesse per quello che succede nel Mondo e nella mia Europa.

Lei, al contrario di altri italiani che sono partiti per imbracciare i fucili, è un combattente senza armi...

Nonostante condivida le stesse trincee, le razioni di cibo e le emozioni di chi ha in mano un AK47, ho ritenuto che fosse più incisivo utilizzare un altro tipo di arma: quella dell'informazione. Ho constatato che le fila dell'esercito dei ribelli erano ben nutrite, in compenso c'era un grande vuoto informativo su quel che realmente accadeva. E con i ragazzi che già dall'inizio degli eventi avevano scelto di combattere nel ruolo di corrispondenti di guerra, ho potuto girare tutta la linea del fronte e conoscere tantissime persone e storie che avevano vissuto in questo anno e mezzo di combattimenti. Tanti scrivono a 2mila chilometri di distanza da qui e spesso mentono spudoratamente, per cui ho ritenuto che trasmettere quello che vedo con i miei occhi, senza nessun filtro, sarebbe potuto essere un buon contributo per questa guerra.

Attualmente ci sono combattimenti?

Nonostante il cessate il fuoco, che teoricamente è in vigore da febbraio, ogni giorno dal fronte arrivano notizie di violazioni. Dall'inizio di settembre si parla di una media di 15 violazioni al giorno tra Donetsk e Lugansk. Gli ultimi morti in seguito ai bombardamenti ucraini verso un villaggio, dove serve sottolineare che non vi erano dislocazioni di milizie ribelli, si sono registrati il 4 settembre. Veri e propri duelli si registrano raramente, il più delle volte sono bombardamenti da parte ucraina che colpiscono villaggi e città. Senza badare troppo al fatto che, dove cadono i loro colpi di mortaio o di carro armato, ci vivono delle persone.

Quali sono le zone più colpite?

Le zone più colpite sono quelle dell'aeroporto di Donetsk, zona strategicamente fondamentale per chi controlla a città: i quartieri residenziali a nord di Donetsk e villaggi limitrofi, come Gorlovka e Pervomaysk. Questi sono i punti più conosciuti. In un villaggio dove ora vivono sei persone, ho visto personalmente come l'esercito ucraino ha impiegato anche armi al fosforo, vietate dalla convenzione di Ginevra.

Sono molti gli italiani che combattono?

Non più di dieci.

E altri stranieri?

La maggior parte dei combattenti stranieri arrivano volontariamente dalla Russia o da Paesi dell'ex unione sovietica. Si tratta di persone che nella vita magari non hanno mai preso in mano le armi o hanno semplicemente fatto la leva qualche anno fa, che vengono in supporto di popolazioni fraterne. Tanti sono arrivati dalla Serbia, dalla Spagna, dalla Finlandia, dalla Francia, dall'Italia, ma anche dal Brasile, dalla Colombia e dagli Stati Uniti. Senza contare i russi, si parla di addirittura mille combattenti.

Pochi giorni fa le Nazioni Unite hanno riferito che dall'aprile del 2014 ad oggi, sono morte 8mila persone e quasi 18mila sono rimaste ferite nel conflitto in atto in Ucraina orientale...

Purtroppo viene da chiedersi dove siano stati nel frattempo che ognuna di queste persone perdeva la vita. La gente del posto ha perso ogni fiducia nelle organizzazioni internazionali, come ad esempio nell'OSCE, impegnata sul territorio a monitorizzare la situazione. Poroshenko è stato appoggiato dalla comunità internazionale nei finanziamenti e nel supporto tecnico per quanto riguarda gli armamenti. Inevitabilmente le cifre delle vittime sono strettamente collegate con questi aiuti. Anche questo ci dovrebbe far riflettere.

Lei ha documentato tante storie. Ci racconta quella che più l'ha colpita?

Ce ne sono davvero un'infinità e devo ammettere che rimanere umani e non indifferenti è difficile. Quando si vedono e si sentono situazioni inimmaginabili ogni giorno, diventa quasi una cosa quasi normale. La cosa che però mi colpisce maggiormente è la dignità delle persone. Persone a cui non è rimasto nulla, ma vivono ugualmente con fiducia nel futuro. Qualche settimana fa, abbiamo visitato un rifugio sotterraneo di una vecchia fabbrica a Pervomaysk, dove, da oltre un anno, sotto terra continuano a vivere decine di persone che non hanno più una casa. Tra gli ospiti del rifugio, ho incontrato parecchi bambini che, nonostante la loro precaria situazione, vogliono studiare, vogliono giocare ed avere una vita spensierata come i loro coetanei. Ma non possono.

Sono state convocate le elezioni...

Nella Repubblica popolare di Donetsk le elezioni sono fissate per il 18 ottobre, mentre nella Repubblica popolare di Lugansk il primo novembre. Le elezioni sono di carattere amministrativo, per cui sono poco influenti sulla politica statale o internazionale. E' bene ricordare che sono previste dagli accordi di Minsk, e secondo il presidente della Repubblica Popolare di Donetsk Zakharchenko, sono conformità alle disposizioni internazionali, compatibilmente con la riforma costituzionale che l'Ucraina dovrebbe adottare, conferendo lo status di regioni a statuto speciale. Per ora l'Ucraina non ha ancora compiuto questo passo previsto dagli accordi, e che dovrebbero essere attuati entro la fine del 2015.

Che futuro vede per il Donbass?

La situazione è ancora molto incerta politicamente. Nonostante i bombardamenti si siano progressivamente placati, di passi significativi in avanti sul piano degli accordi, non se ne percepiscono. Credo che dopo tutto il sangue versato in questa guerra, tornare sotto il controllo dell'attuale regime ucraino, responsabile di morte e distruzione, sia una cosa che il popolo non accetterebbe. Tutti hanno avuto almeno un parente o un amico ucciso. E questo non si dimentica facilmente. Oltre tutto, l'Ucraina, non sembra fare passi avanti e cercare seriamente la pace ed il dialogo. Molti sognavano o ipotizzavano un'annessione alla Russia, ipotesi che vedo altrettanto difficilmente realizzabile, in quanto per il Cremlino vorrebbe dire strattonare pericolosamente il delicato equilibrio diplomatico tra le potenze mondiali. La previsione che mi sembra più percorribile, è quella di una sorta di territorio in "standby" politicamente, ma che sta sorprendentemente riuscendo a costruire una base stabile su cui costruire indipendentemente un'economia ed una struttura politica propria.

Sta pensando di tornare in Italia?

Al momento ho ancora alcuni progetti intrapresi nel Donbass, per

cui sto qua ancora volentieri. In ogni caso l'intenzione è quella di ritornare per raccontare da vicino quel che ho visto qua, testimoniando e portando la voce di questo popolo che vuole la pace, ma è costretto alla guerra.

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