Nell’anno del quarantesimo anniversario della Rivoluzione khomeinista in Iran, le relazioni tra Stati Uniti e Repubblica Islamica sembrano muoversi nuovamente in bilico sul filo di una ragnatela.
Le azioni dell’elefante americano però preoccupano la comunità internazionale: il suo rafforzamento militare in Medio Oriente fa riflettere e spinge il Consiglio di Sicurezza nazionale iraniano a parlare di "guerra psicologica".
È il preludio di un nuovo conflitto nella già martoriata regione o il frutto di una strategia aggressiva, che parte dalle sanzioni economiche, e che si spinge al limite, quale ha sempre dimostrato di seguire il presidente Donald Trump?
La divergenza tra i due Paesi ha una storia lunga e definita da continue minacce e provocazioni: con la rivoluzione del 1979, infatti, vi sarebbero state ripercussioni non solo nella struttura statale interna iraniana, ma anche su una serie di equilibri geopolitici, religiosi ed economici nell'intera regione mediorientale.
La Repubblica islamica dell’Iran decise di chiudersi al mondo esterno, ed il mondo esterno all'Iran: le idee rivoluzionarie, le quali proponevano una realtà panislamica fondata sulla dicotomia tra oppressi ed oppressori, spaventava la famiglia reale dei Saud, già allora alleata degli Stati Uniti ed egemone nella regione.
Lo scontro con gli Stati Uniti è continuato con la quasi decennale guerra irachena contro l’Iran (1980-1988), la quale venne coadiuvata da finanziamenti americani al governo di Saddam Hussein.
I rapporti sono in seguito peggiorati nel corso degli anni, prima con le minacce iraniane contro lo Stato di Israele, e poi per la crescente influenza esercitata dall’Iran in molte milizie e partiti sciiti nella zona della cosiddetta "Mezzaluna sciita", area in cui gli Stati Uniti hanno investito di più in termini economici e di vite umane in seguito alla fine della Guerra fredda.
Sul piano geoeconomico il ruolo di forza egemone nella regione viene rivendicato nello stretto di Hormuz, in cui passa circa il 20% di tutto il commercio petrolifero mondiale.
Questo breve resoconto geopolitico ci permette di inquadrare in un’ottica più ampia il panorama entro cui si stanno muovendo le strategie economiche dell’l’Unione europea verso il regime sanzionatorio degli Stati Uniti contro l’Iran.
La fase in cui gli Stati Uniti provarono a trasformare l’Iran da competitor a partner, culminata nella stipula del Jcpoa durante l’amministrazione Obama nel luglio del 2015, sembra ormai superata definitivamente.
La vittoria elettorale di Trump ha spinto nuovamente la Repubblica islamica nella voragine dell’isolamento internazionale. Inizia così un nuovo corso nella storia delle sanzioni americane contro l’Iran, non privo di ripercussioni per le relazioni tra Iran ed Unione europea: in seguito alla reintroduzione delle sanzioni statunitensi di natura secondaria (o extra-territoriali), quest’ultima si è infatti mossa per incrementare alcuni strumenti politici difensivi.
Prima di tutto, nell’agosto scorso, ha aggiornato il Regolamento di blocco (Regolamento 2271/96), il quale impedisce ai soggetti europei di adeguarsi alle sanzioni secondarie statunitensi.
A settembre 2018 poi, l’Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza ha annunciato la costituzione di uno “Special Purpose Vehicle” (SPV): l’Instrument In Support Of Trade Exchanges (INSTEX). La domanda ora è se le grandi aziende europee, la maggior parte delle quali ha attività in America, usufruiranno effettivamente di tale strumento o se prevarrà la paura.
Per questa ragione potrebbe risultare vantaggioso per le piccole e medie imprese europee, non esposte direttamente all’influenza americana, aprire nuovi canali commerciali con la Repubblica islamica. Proprio di questo si discuterà il 21 giugno a Milano, nel corso del primo Congresso europeo AT+ICA, organizzato dallo Studio Legale Padova in collaborazione con Assolombarda.
Vista la rigidità delle sanzioni, l’obiettivo di Washington non sembra essere quello di una semplice opera di dissuasione dal perseguire il programma nucleare, ma quello di isolare completamente la Repubblica islamica dal punto di vista economico, probabilmente con lo scopo di indurre un processo di regime-change. Ed ecco il paradosso: questa volta gli americani hanno indugiato troppo.
L’Iran siede già tra i vincitori nella regione, ed ha avuto un ruolo fondamentale per la sconfitta territoriale dell’Isis. L’elefante però continua a camminare sull’instabile filo della ragnatela, probabilmente ritiene ancora la cosa interessante!- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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