L’Italia ha ricevuto i suoi due primi F-35 quasi nel silenzio più assoluto. A differenza di quanto avvenuto in Israele per la consegna della piattaforma tattica di quinta generazione, gli F-35 italiani non hanno ricevuto alcuna particolare attenzione, nonostante “l'evento rappresenti il raggiungimento di un importante obiettivo per la difesa e sicurezza del Paese”. Alla cerimonia che si è svolta nella base aerea di Nevatim, nel sud di Israele, ad esempio, erano presenti il primo ministro Benjamin Netanyahu, il presidente Reuven Rivlin, il ministro della Difesa Avigdor Lieberman ed il segretario della Difesa statunitense Ashton Carter. Per gli F-35 italiani, una nota sul sito del Ministero della Difesa. Velivoli italiani ed israeliani sono stati consegnati il medesimo giorno. La stessa Lockheed Martin, sul sito ufficiale dell’F-35 titola cinque delle dieci prime notizie alla consegna dell’F-35 in Israele, ma nessuna per l’Italia.
Si legge nella nota del Ministero della Difesa:
“I primi due F-35 italiani sono atterrati presso il 32° Stormo di Amendola, unità recentemente ricostituita per accogliere il Joint Strike Fighter. Amendola è la prima base in Europa ad acquisire i velivoli prodotti ed assemblati in Italia presso la FACO (Final Assembly and Check Out) di Cameri (NO). Lo Stormo ospiterà il sistema d'arma presso le nuove infrastrutture d'avanguardia progettate e realizzate adottando particolari ed innovative soluzioni ingegneristiche e tecnologiche, con lo scopo di rispettare la sostenibilità ambientale e l'efficienza energetica”.
I due JSF andranno ad affiancare agli altri assetti operativi già in dotazione allo Stormo, come i Predator del 28° Gruppo di volo.
Il programma F-35
L’Italia ha acquistato 90 F-35: trenta nella versione B (15 previsti per la Marina ed altri 15 per l’Aeronautica, mentre tre saranno permanentemente destinati negli Stati Uniti per operare presso l’Integrated Training Center) e sessanta F-35A, variante a decollo ed atterraggio convenzionale. La FACO di Cameri è di proprietà del Governo italiano ed è gestita da Finmeccanica-Alenia Aermacchi in collaborazione con Lockheed Martin. Le attività produttive per l’F-35 presso la FACO sono iniziate a luglio 2013 e a marzo è avvenuto il roll-out del primo F-35 per l’Italia, l’AL-1. I novanta F-35 sostituiranno gli AV-8 Harrier, i Tornado Panavia e gli AMX in dotazione all'Aeronautica ed alla Marina italiana. Ancora oggi, per compiti tattici multiruolo l’Italia utilizza i Tornado e gli Amx. Il primo è stato pensato, disegnato e costruito per penetrare a bassissima quota e ad altissima velocità il territorio sovietico, sganciando il proprio carico bellico sui siti d’interesse strategico, seguendo il profilo del terreno a mille chilometri orari. Tecnica efficace in un contesto bellico che si sarebbe potuto svolgere trent’anni fa. L’economico Amx, aereo d’attacco al suolo leggero è entrato in servizio nel 1989. Fu concepito come il fratello minore del Tornado, in grado di compiere tutte le missioni che non avrebbero richiesto il grado di efficienza tecnologica del Panavia. Anche l’Amx, però, ha ormai raggiunto la fine del proprio ciclo operativo. L’Aeronautica Militare italiana quindi, ha le necessità di sostituire i propri velivoli multiruolo, circa 250, da affiancare all’Efa 2000 (che probabilmente non raggiungerà mai il suo pieno sviluppo a causa del suo dna pre-stealth), che non può svolgere le missioni multiruolo precedentemente effettuate dall’F-16 Falcon.
F-35: il caccia universale contro Trump?
La piattaforma tattica F-35 (non progettata per il dogfight, fuori moda per gli Usa, ma non per la Russia) è un sistema d’arma in divenire, progettata per contesti futuri per minacce oltre il raggio visivo. Invece di analizzare i problemi che stanno affliggendo un velivolo non ancora entrato in produzione seriale (stabilità delle integrazioni software, peso del casco, nuova propulsione, condivisione dati, Alis, etc..etc…) sarebbe opportuno capire cosa è il programma F-35. Il Lightning II, nonostante le polemiche, sarà in servizio con una dozzina di grandi forze aeree alleate, anche se i caccia venduti all’estero sono ininfluenti nella sopravvivenza dell’F-35, considerando l’ordine statunitense di 1763 F-35A per l’Air Force, 353 F-35B e 67 F-35C per il Corpo dei Marine e 260 F-35C per la US Navy. Nel 2014, l’F-35A dell’Air Force, più leggero e maneggevole delle tre versioni, è costato 150 milioni di dollari ad esemplare. Nello stesso anno l’F-35B, versione ottimizzata per il Corpo dei Marine, è costato 250 milioni di dollari ad esemplare. Nel 2014, l’F-35C della Marina, è costato 330 milioni di dollari ad esemplare. Anche i tweet del presidente eletto Donald Trump non devono essere considerati come una decisione politica. Neanche il presidente Trump può arrestare il programma militare più costoso della storia. In gioco ci sono anche migliaia di posti di lavoro e centinaia di miliardi di dollari investiti in decenni di sviluppo (ancora in corso), per 1300 aziende in 45 stati che garantiscono 133 mila posti di lavoro solo negli Usa. Da rilevare, infine, che un’alternativa di quinta generazione per Usa ed alleati non esiste (il programma Fenice del Pentagono è pura follia).
Il più grande problema dell’F-35 è concettuale: l’aver pensato di realizzare un solo velivolo che fosse un caccia, un bombardiere, un velivolo per il Close Air Support, che potesse atterrare su una portaerei o che potesse decollare verticalmente, ha comportato una serie di compromessi di progettazione. In realtà sono tre modelli diversi che condividono una cabina di pilotaggio di base, motore, software ed una rete logistica. Nonostante le aspirazioni per un aereo congiunto, le versioni A, B e C sono essenzialmente tre aerei distinti, con differenti missioni e requisiti di capacità. I tre modelli di F-35 condividono soltanto il 20/25% delle parti in comune, soprattutto nelle loro cabine di pilotaggio. Ciò ha fatto lievitare a dismisura i costi, costringendo il Pentagono ad estendere la vita operativa dei caccia (F-15/F-16) in inventario, con cellule vecchie di oltre 25 anni di servizio.
F-35: progettato per una guerra che non esiste
Dal Pentagono hanno confermato che per imporre la supremazia aerea in un determinato contesto con X avversari, ci vorrebbero otto F-35. Per eliminare gli stessi nemici, basterebbero due F-22. Sono dati che devono fare riflettere sulle reali capacità della cellula dell’F-35 e su quella sua sezione radar, inferiore rispetto all’F-22. Avere una bassa segnatura radar, non significa essere superiori ad un caccia più pesante e più visibile. L’F-35 dovrebbe conferire innegabili vantaggi in un determinato contesto operativo grazie alla sua bassa osservabilità, capacità dei sensori di bordo ed integrazioni delle informazioni con altre piattaforme. Fattori che conferiscono all'F-35 un enorme vantaggio rispetto ai velivoli che andrà a sostituire, ma i velivoli di quinta generazione, come l’F-22 e l’F-35 non sono caccia puri, non sono dei veri fighter. Sono velivoli ottimizzati per diversi regimi di minacce ed in grado di compiere svariate missioni. Proprio il velivolo specifico non esiste più. Esiste, invece, la piattaforma aerea multiruolo che può svolgere una miriade di missioni egregiamente, probabilmente non eccellendo in nessun ruolo. L’F-35 non è stato progettato per il dogfighting ne per duellare nell’uno contro uno. E’ stato pensato per eliminare il nemico a distanza. Qualora dovesse fallire, l’F-35 senza caccia di scorta puri, potrebbe non tornare alla base. Ed è un dato di fatto.
L’F-35 è una piattaforma tattica progettata per eccellere in contesti che enfatizzano il Beyond Visual Range (BVR), in ambienti ad alta intensità di informazioni connesse in rete. Se dovessero funzionare come promesso, le capacità del velivolo saranno veramente notevoli.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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