È compito dei Paesi più ricchi del mondo sobbarcarsi l'onere dell'accoglienza dei migranti. Lo ha ricordato il relatore speciale dell'Onu sui diritti dei migranti, François Crépeau, in un'intervista a The Guardian.
Parlando da Montreal, dove insegna legge alla McGill University, l'esperto delle Nazioni Unite spiega come il salvataggio delle vite sia "un imperativo morale, la prima cosa da fare". Tuttavia continuare a proporre la stessa soluzione fallimentare per un problema che si è già provato ad affrontare, sostiene citando Einstein, è il primo segnale della follia. Occorre dunque cambiare strategia, soprattutto in vista dell'arrivo dell'estate. Occorre, secondo Crépeau, smettere di battere la pista "della repressione e della detenzione".
L'alto funzionario Onu azzarda una previsione anche in termini numerici, ipotizzando l'accoglienza di un milione di profughi da ricevere in cinque anni tra i Paesi dell'Occidente. In Unione Europea ma anche in Nord America e in Australia.
"Potremmo collettivamente accogliere un milione di siriani nei prossimi cinque anni. Per un Paese come il Regno Unito, questo vorrebbe dire circa 14 mila siriani all'anno per cinque anni. Per il Canada, sarebbe meno di 9 mila l'anno per cinque anni", ha affermato Crepeau. "Possiamo gestirlo".
"Non abbiamo paura della mobilità - pontifica da Montreal Crépeau - La mobilità è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno, ma non possiamo riconoscerlo a causa dell'ondata di populismo nazionalista che stiamo vivendo. I cambiamenti sono costanti e oltretutto i cambiamenti che portano i migranti sono di lieve entità e per la maggior parte positivi. Sul mercato del lavoro, ad esempio, il ruolo dei migranti è ampiamente positivo".
La soluzione proposta dall'Onu si basa sull'assunto di base secondo cui riducendo il numero di morti si riduce anche il numero dei trafficanti e anche i costi per le richieste di asilo. "Il piano globale potrebbe essere esteso fino a sette anni e comprendere altri rifugiati in fuga dai paesi in guerra, come l'Eritrea", chiosa Crépeau.
Il modello sarebbe quello adottato trent'anni fa per l'Indocina, quando si sviluppò un piano globale di accoglienza esteso a tutti i Paesi del "nord del Mondo".
Quando però si tratta di fare autocritica, l'alto funzionario dell'Onu si tira indietro: "Viviamo in un sistema democratico-elettivo, ma non possiamo criticarlo perché è il migliore sistema che abbiamo mai escogitato per autogovernarci".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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