Il flusso dati dai siti nucleari ucraini di Chernobyl e Zaporizhzhia si è interrotto da giorni. Da Kharkiv arriva la notizia di un istituto di ricerca nucleare colpito dai russi. E, mentre cresce il timore di perdite radioattive, la minaccia nucleare si trasforma sempre più in un’ipotesi concreta. Ne abbiamo parlato con Maurizio Pernice, direttore dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin).
Il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) Rafael Grossi ha detto di essere preoccupato dall'interruzione del flusso dati verso il quartier generale dell'agenzia a Vienna dai due siti nucleari ucraini, di Chernobyl e Zaporizhzhia. Quanto è reale il rischio di una nuova Chernobyl?
"Allo stato attuale, non ci sono rischi concreti e immediati di un nuovo incidente paragonabile a quello del 1986. A Chernobyl il reattore 4 è sigillato nel “sarcofago. La preoccupazione è collegata al fatto che l’interruzione dell’alimentazione elettrica impedisce il raffreddamento della piscina dove sono stoccate le barre di combustibile degli altri tre reattori. Infatti in mancanza del raffreddamento della piscina il calore potrebbe far evaporare e diminuire i livelli di acqua nella piscina, lasciando scoperte le barre di combustibile che potrebbero fondere e innestare incendi con dispersione di radioattività nell’ambiente. In concreto, però, questa evenienza è da escludere nel caso di Chernobyl, perché le barre di combustibile sono in raffreddamento nelle piscine da più di venti anni e hanno un calore residuo insufficiente per causare l’evento. Per Zaporizhzhia, che ospita reattori di terza generazione, più moderni, robusti e sicuri di quelli di Chernobyl, la situazione sembra sotto controllo, anche se sono interrotti alcuni collegamenti con i sistemi di sicurezza. Va però tenuto conto che stiamo parlando di impianti in un territorio di guerra e quindi la preoccupazione è alta e lo stato di allerta massimo".
Infatti, se l’impianto di Chernobyl è dismesso da tempo, quello di Zaporizhzhia è attivo ed è in mano ai russi, che già hanno sfiorato la catastrofe. Un incidente qui avrebbe un effetto calcolato sei volte superiore a Chernobyl. Cosa significa?
"Si è parlato di sei volte, ritengo, pensando ai sei reattori della centrale. Ma, ripeto, oggi non abbiamo elementi per ritenere che ci siano rischi di incidenti. Il danneggiamento e l’incendio che sono stati registrati sono avvenuti fuori dalla zona dei reattori e non ci sono state evidenze di incremento di radioattività nell’area. In ogni caso un incidente anche gravissimo come quello di Chernobyl avrebbe per l’Italia – ove i venti spingessero la nube radioattiva verso il nostro paese, in lina di massima, gli stessi effetti che si registrarono nel 1986 con conseguenze soprattutto sul sistema alimentare e accorgimenti particolari negli allevamenti. Ma sono scenari teorici, ovviamente bisognerebbe vedere il tipo e la gravità dell’incidente per il quale, ribadisco, ad oggi non sembra ci siano rischi concreti".
Oltre al rischio incidente, c’è davvero la possibilità che i russi utilizzino le centrali per arricchire l’uranio e costruire armi atomiche?
"I russi hanno un grande arsenale atomico e impianti per l’uso militare del nucleare sul loro territorio. Questo dovrebbe escludere l’ipotesi prospettata con la sua domanda. Le centrali di cui parliamo sono centrali costruite solo per la produzione di energia elettrica".
Il governo ha appena aggiornato il piano nazionale di sicurezza nucleare dopo 12 anni. È vero che era già previsto, ma non può essere solo una coincidenza. Insomma, un’allerta c’è e cosa prevede?
"L’aggiornamento del piano era stato concluso dal punto di vista tecnico circa un anno fa quando non si poteva prevedere la guerra in Ucraina. Da allora è iniziato il giro dei pareri fra tutti gli enti e ministeri interessati conclusosi in questi giorni con il parere della Conferenza Stato-Regioni. Il nuovo piano non prevede misure diverse da quello precedente. In pratica, si prevedono misure cosiddette “dirette” per incidenti in impianti entro 200 km dai confini nazionali – mi riferisco alla iodio profilassi, se ritenuta necessaria dalle autorità sanitarie nel caso specifico o alla richiesta alla popolazione di stare al chiuso o comunque al riparo – e misure “indirette”, se si tratta di un incidente oltre i 200 km dai confini. E in quel caso sono previste misure come quelle adottate ai tempi di Chernobyl. Ma questi sono discorsi generici che andranno declinati, in caso di incidente, sulla base di ciò che sarà realmente accaduto".
L’opzione nucleare evocata da Putin è sul tavolo fin dall’inizio del conflitto. Avete valutato lo scenario e un eventuale piano di gestione nel caso la minaccia diventi reale?
"L’Isin non si occupa di guerre nucleari ma dei rischi e della sicurezza legati all’uso civile dell’energia nucleare.
Quella delle bombe atomiche e delle loro conseguenze è materia di ambito militare ed ha caratteristiche, anche tecniche, molto diverse. Ma speriamo davvero che non si verifichi mai più un attacco atomico che ad oggi metterebbe a rischio l’intera umanità".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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