I dubbi sulla morte del procuratore argentino Alberto Nisman erano sorti fin da subito e oggi hanno trovato una prima conferma ufficiale. È stata la presidente argentina Cristina Fernández de Kirchner a uscire allo scoperto, dicendo in una lettera aperta al Paese che qualcuno "ha usato" il magistrato, e che poi "aveva bisogno che morisse".
Responsabile dell'indagine sull'attentato del 1994 a Buenos Aires, in cui più di ottanta persone morirono in un attacco contro l'Amia (Associazione Mutualità Israelita Argentina), Nisman avrebbe dovuto presentarsi in parlamento il giorno della sua morte, per accusare la Kirchner di avere coperto responsabilità iraniane, in cambio di un trattamento di favore sul prezzo del greggio.
L'ordine di attacco, secondo l'inchiesta, sarebbe infatti arrivato dal "più alto livello delle autorità della Repubblica islamica", che avrebbe affidato a Hezbollah il compito di portarlo a termine. Nisman sosteneva che la presidente avesse garantito agli iraniani una sostanziale impunità.
La morte del procuratore ha fatto nascere proteste in tutto il Paese. Gli argentini sono scesi in piazza per chiedere che si faccia luce su quanto accaduto e due giorni fa Viviana Fein, che guida le indagini sulla morte, ha annunciato che sulle sue mani non sono state trovate tracce di polvere da sparo, un dettaglio che rende piuttosto difficile sostenere la tesi del suicidio.
Se su questo punto sembra d'accordo anche la presidente, è sui risultati del suo lavoro
che le opinioni divergono. "Le sue accuse - ha scritto la Kirchner - non solo crollano, ma diventano un vero scandalo politico e legale". Per lei, insomma, l'uccisione del procuratore è "un'operazione contro il governo".
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