Mossad, una notte a Teheran

Come fu organizzata l'operazione che permise agli 007 israeliani di mettere le mani sui documenti nucleari iraniani

Mossad, una notte a Teheran

A volte, per descrivere la realtà, è necessario ricorrere alla finzione. Bisogna nascondere nelle pieghe di un romanzo quello che normalmente si può solo intuire o, peggio ancora, immaginare. Ma se davvero fosse così? Se davvero quanto immaginato dalla mente di un autore fosse più vero del vero?

Partiamo dalla realtà. Dai fatti. Il 30 aprile del 2018, il premier israeliano Benjamin Netanyahu lancia una durissima accusa nei confronti dell'Iran: "Teheran mente sfacciatamente sulle sue armi nucleari" e "punta a dotarsi di almeno cinque ordigni nucleari analoghi a quelli utilizzati su Hiroshima". Alle spalle del primo ministro appaiono diverse immagini. Ai più dicono poco o nulla, ma sono il frutto di anni di lavoro dei servizi segreti israeliani. Si tratta, prosegue Netanayhu, di 55mila documenti e altri 55mila file su cd, "copia esatta degli originali provenienti dagli archivi segreti di Teheran". Prove che confermerebbero l'esistenza del piano di riarmo nucleare dell'Iran, chiamato "Amad".

"Si tratta - conclude Neatanyahu - di uno dei maggiori successi di intelligence che Israele abbia mai conseguito". Difficile ribattere. Questi documenti, infatti, contribuiranno a far saltare l'accordo che gli Stati Uniti, insieme a Francia, Russia, Regno Unito e Germania, avevano siglato con l'Iran. Ma cosa accadde in quella notte di tanti anni fa?

Il New York Times, in un articolo del 15 luglio 2018, poco più di due mesi dopo le parole di Netanyahu, ha cercato di fare un po' di chiarezza: "Gli agenti del Mossad che si sono trasferiti in un magazzino in uno squallido quartiere commerciale di Teheran sapevano esattamente quanto tempo avevano per disattivare gli allarmi, sfondare due porte, tagliare dozzine di casseforti giganti e uscire dalla città con la metà del materiale segreto: sei ore e 29 minuti". Tutto si gioca in una manciata di secondi: quella notte, il 31 gennaio, gli agenti del Mossad aprono 32 cassaforti, dalle quali riescono a trafugare parecchio materiale. Il tempo scorre veloce. Troppo, forse. Tre, due, uno. Finito. Bisogna partire. La squadra israeliana si dirige verso il confine, "trasportando circa 50mila pagine e 163 compact disc di promemoria, video e progetti".

Qui finisce la storia e siamo costretti a entrare nella finzione, grazie a Mossad, una notte a Teheran, l'ultimo romanzo di Michael Sfaradi per La nave di Teseo (impreziosito dalla copertina e dai disegni, realizzati con matita, carboncino e penna biro, da Rosj Domini).

Tutto ruota intorno a quel giorno, quel 31 gennaio che avrebbe cambiato la storia del Medio Oriente. Anzi, tutto ruota alla preparazione di quel giorno perché certe operazioni, per essere davvero efficaci, devono essere preparate anni prima. Tutto può iniziare per caso, per esempio assistendo a una strana lite in un pub tedesco, per arrivare infine all'operazione. E in mezzo? C'è la storia di un protagonista - Ilan - un po' James Bond, un po' Eli Cohen (la spia israeliana che riuscì a raggiungere il vertice dell'arcinemica Siria) che pensa e agisce come un perfetto 007: "Ragionare velocemente come era stato addestrato, fino ad arrivare ai limiti e, se fosse stato necessario, superarli per scopire la linea estrema e poi spingersi oltre".

Ilan (Emad, una volta che viene infiltrato, Ndr) sa che ogni sua azione determinerà una reazione. Da una parte o dall'altra: "Ragionando (...) con il pragmatismo più estremo, cosa era meglio: l'Iran con in mano la bomba e il potenziale per non far più dormire una notte tranquilla a Israele per l'eternità o un gran casino che avrebbe ridisegnato il Medio Oriente con le lacrime e il sangue? La scelta doveva essere politica, lui era solo un agente che proponeva, e poi, quando le decisioni erano prese. obbediva agli ordini".

Sfaradi Mossad

Impossibile non pensare a queste parole rileggedo quanto successo in Iran in tre densissime settimane delle scorso luglio: strane esplosioni si sono registrate a Khojir, dove è situata la più importante struttura iraniana per la produzione di missili; nella base nucleare di Natanz, dove vengono fabbricate centrifughe per arricchire l’uranio; a ovest di Teheran dove, per ore, è stato registrato un blackout. È stato il Mossad? Nessuno può dirlo.

Questo servizio segreto, infatti, è "famoso più per quello che non si sapeva di lui, che per ciò che negli anni era venuto alla luce, ma quello che impressionava i più, e intimoriva i nemici, era quell'aura di imbattibilità e mito che, nel corso degli anni, si era creato intorno a quella parola, Mossad, che in Israele è di uso comune, ma che nel resto del mondo fa tremare le vene ai polsi".

Suggestioni, certo. Che però fanno riflettere...

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