Il numero uno del Fmi rischia di finire in cella

Si è svolta ieri pomeriggio la prima sessione processuale contro Christine Lagarde

Il numero uno del Fmi rischia di finire in cella

Si è svolta ieri pomeriggio la prima sessione processuale contro Christine Lagarde, ancora Presidente del Fondo Monetario Internazionale. Lagarde sarà giudicata dalla Cour de justice de la République, un tribunale speciale di Parigi che ha il compito di giudicare i ministri coinvolti in reati nell’esercizio delle loro funzioni.

L’attuale Presidente del FMI è accusata di “negligenza” mentre ricopriva la carica di Ministro delle Finanze nel 2007, sotto la presidenza Sarkozy. Si tratta del caso conosciuto come “affaire Tapie”, dal nome dell’imprenditore coinvolto Bernard Tapie. Quest’ultimo era proprietario dell’Adidas nei primi anni ‘90 e, grazie ad un prestito del Crédit Lyonnais, banca pubblica francese, ne aveva risollevato le sorti finanziarie, in seguito anche ad una forte strategia di delocalizzazione.

Tapie è diventato poi Ministro delle città sotto il Governo Mitterand tra il 1992 e 1993, e fu obbligato a vendere Adidas per non incorrere in un conflitto d’interessi. Tale vendita venne affidata alla stessa Crédit Lyonnais. Risulterebbe però che la banca francese abbia venduto il 19% delle quote di Adidas a SDBO, una società controllata dalla stessa Crédit Lyonnais. Venditore e compratore erano in realtà la stessa cosa. Tapie ha dunque citato in giudizio la banca francese e dopo dieci anni di processo la Corte d’Appello di Parigi ha condannato Crédit Lyonnais al pagamento di 135 milioni di euro a Tapie. Tuttavia l’anno successivo la Cassazione francese annullò la sentenza fatta in appello e invitò i giudici a rivalutare il caso. Tapie a quel punto invocò la creazione di un arbitrato apposito composto da giuristi indipendenti ed è qua che entra in gioco Lagarde.

L’allora Ministro delle Finanze accettò la proposta di Tapie, nonostante l’arbitrato fosse un mezzo di risoluzione giuridica molto raro in Francia e nonostante diverse agenzie statali avessero consigliato Lagarde di non accettare la proposta di Tapie. L’arbitrato infatti si espresse a favore di Tapie e ne chiese il risarcimento per una cifra che superava di quattro volte quella proposta in appello (405 milioni di euro contro i 135 milioni fissati in appello). La vicenda non finisce qui. La Procura di Parigi ha infatti indagato sull’imparzialità dei giuristi dell’arbitrato, scoprendo uno stretto rapporto di amicizia tra uno dei giuristi, Pierre Estoup, e Bernard Tapie. Così quest’ultimo è stato condannato per frode nel 2015 ad un risarcimento di 404 milioni di euro.

Una vicenda intricatissima che vede Christine Lagarde accusata di aver permesso l’arbitrato e il successivo risarcimento a Tapie fatto con soldi pubblici. La numero uno del FMI si difende così: “La negligenza è un atto non intenzionale. Credo che almeno una volta nella vita capiti a tutti di essere negligenti. Ho sempre fatto il mio lavoro al meglio, dentro i limiti di ciò che conoscevo”. Una dichiarazione che rappresenta quasi un’ammissione di colpe, anche se l’accusa vorrebbe comprendere se Lagarde abbia avuto pressioni esterne per non intervenire nel caso Tapie. Bloomberg riporta come Lagarde abbia fermamente negato un’ingerenza di Sarkozy nella vicenda. In ogni caso l’ex Ministro delle Finanze francese rischia fino ad un anno di prigione, confermando che l’incarico di Presidente del FMI non “porta bene”, visto lo scandalo che travolse l’ex Presidente del Fondo Strauss-Khan. Ciò che sorprende ancora sono le mancate dimissioni di Lagarde da Presidente del FMI, da cui ha dichiarato di aver preso un “periodo di aspettativa”, ma che comunque lavorerà di sera e di notte. Difficile immaginare come la presidenza di una delle istituzioni più importanti al mondo possa essere ricoperta part-time, per giunta sotto i riflettori di un processo. Eppure Lagarde, durante il suo incarico al FMI, ci aveva già abituati a strane dichiarazioni e cambi d’opinione repentini.

Nell’aprile 2013 aveva infatti dichiarato che per uscire dalla recessione l’Europa avrebbe avuto bisogno di una politica espansiva di investimenti per smuovere gli indicatori.

Belle parole, contraddette però dall’azione condotta contro la Grecia nel primo semestre 2015, quando spinse il Governo Tsipras ad accettare il pacchetto di riforme che comprendeva una grossa riduzione degli investimenti pubblici. Vedremo dunque come in questo caso verrà risolto il conflitto tra l’obbligatoria apparizione ai processi e l’adempimento dell’incarico al Fondo.

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