"Prima della sua seconda fuga i messicani erano divisi sul tema dell'estradizione". Poi, dopo la rocambolesca evasione di Joaquin Guzman, più conosciuto come "El Chapo", tra i più noti narcotrafficanti del Paese centramericano, qualcosa è cambiato.
Due giorni fa il boss è stato ricatturato dalle forze armate messicane, in un'operazione a cui hanno partecipato anche gli uomini della Dea, l'anti-narcotici statunitense. E ora le autorità devono decidere che cosa fare del Chapo, perché una delle ipotesi sul tavolo è quella che il prossimo carcere ad accoglierlo sia oltre la frontiera.
Negli Stati Uniti, a Chicago e in altre sei città, per Guzman è stato chiesto un rinvio a giudizio per reati che hanno a che fare con il traffico di droga, il riciclaggio di denaro sporco e altri crimini. Su di lui penderebbe anche un'accusa di omicidio. E se il governo di Città del Messico ha già detto che le richieste di estradizione sono conformi ai trattati esistenti, la difesa dell'imputato si è già opposta.
Un avvocato di Guzman, Juan Pablo Badillo - scrive il Wall Street Journal - ha parlato con l'emittente televisiva Milenio, dicendo che il suo cliente non dovrebbe essere
mandato all'estero, "perché è un messicano e il Messico ha leggi giuste e una costituzione adeguata". Qualunque sia l'esito della richiesta americana, probabilmente passeranno mesi prima che sia presa una decisione definitiva.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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