Il possibile negoziato sul binario morto. L'incrocio tra Xi e il Papa in Kazakistan

Kiev chiude a ogni negoziato "finche i russi non lasceranno il Paese". Dello stesso avviso anche Mosca: "Gli obiettivi saranno raggiunti"

Il possibile negoziato sul binario morto. L'incrocio tra Xi e il Papa in Kazakistan

La travolgente avanzata delle forze ucraine nella regione di Kharkiv e fino ai margini del Donbass occupato dai russi, oltre che nella regione meridionale di Kherson, sta rendendo ulteriormente improbabile la prospettiva già remota di un negoziato tra le parti in conflitto. Sono le stesse parti a esplicitarlo. Categorici, sulla spinta dei loro successi militari, gli ucraini: nessun negoziato con i russi finché non avranno lasciato tutto il nostro territorio, incluso quello occupato nel 2014, e pagato il dovuto per i danni immensi inflitti all'Ucraina con la loro aggressione.

Gelidi, o addirittura sprezzanti, i russi, che riconoscono la temporanea sconfitta ma non lasciano il minimo spazio a una prospettiva negoziale con Kiev: al momento non se ne parla proprio e gli obiettivi dell'Operazione speciale saranno raggiunti, ripete il Cremlino, mentre il solito Dmitry Medvedev, che si è intestato il ruolo dell'estremista del regime, minaccia colui che definisce «un certo Zelensky» e gli ricorda che le condizioni in futuro le stabilirà Mosca e rimarranno «quelle che già conosce: la capitolazione totale del regime di Kiev alle nostre condizioni».

In questo contesto, il fantasma del negoziato agitato in Italia anche dal generale Marco Bertolini, secondo il quale Kiev non sarà in grado di replicare una controffensiva efficace come quella di Kharkiv e dovrebbe cogliere l'occasione per trattare con la Russia da posizioni vantaggiose appare più che evanescente. In verità, al di là di auspici o illusioni, nessuna delle due parti ritiene di aver convenienza a negoziare adesso: Zelensky crede che il momento favorevole vada sfruttato fino in fondo, mentre Putin non può semplicemente mostrarsi debole. Anche perché ritiene di avere buone carte da giocarsi a partire da domani in ambito politico.

A Samarcanda in Uzbekistan, infatti, si aprirà il vertice dell'Organizzazione di Shanghai per la cooperazione, con i rappresentanti di Cina, Russia, India, Iran, Pakistan e quattro Repubbliche dell'Asia centrale ex sovietica. Un tentativo di G7 alternativo anti occidentale, dove Putin avrà l'occasione per liberarsi dal ruolo di perdente sotto accusa, incontrerà per la prima volta dall'invasione dell'Ucraina il leader cinese Xi Jinping e cercherà di mettere le basi di una strategia per contrastare il dominio del dollaro a livello globale. Una strategia estesa ad altri Paesi oltre al suo nocciolo duro russo-cinese. Contemporaneamente, sbarca nel vicino Kazakistan papa Francesco per un incontro di leader religiosi di livello mondiale (al quale però mancherà il patriarca ortodosso russo Kirill).

Domani sarà presente anche Xi Jinping, e ci si chiede se incontrerà Bergoglio. Il quale non mancherà anche da questo luogo così prossimo a Samarcanda di inviare al mondo la sua sollecitazione a un percorso di pace, pur contro ogni realistica probabilità in questo momento.

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