"Ho preso coca vent'anni fa". La confessione del successore della May

Quattro candidati alla successione di Theresa May hanno ammesso, in maniera diversa, di aver provato o consumato delle tipologie di sostanze stupefacenti nel corso della loro vita

"Ho preso coca vent'anni fa". La confessione del successore della May

Theresa May sta per dimettersi da premier e da leader del Partito conservatore, ma i suoi ipotetici successori, più che per la visione prospettica sulla Brexit, sembrano far discutere per via dei loro trascorsi con le sostanze stupefacenti. Uno, in particolare, ha comunicato di aver consumato cocaina.

Boris Johnson, l'ex sindaco londinese, è dato per favorito. Conosciamo quanto stia simpatico a Donald Trump. Sappiamo di come sarebbe disposto a far uscire il Regno unito dall'Unione europea prescindendo dal raggiungimento di un accordo entro il 31 ottobre. E queste sono due certezze. Esiste un dossier del settembre scorso in cui, come ben spiegato ai tempi dall'Agi, vengono citate pure "battute sulle cocaina". Ma, a ben vedere, non viene rilevato un collegamento tra l'ex ministro del Lavoro e l'assunzione di droghe di qualunque tipologia.

Discorso, questo, che non può valere per Michael Gove, che ora come ora ricopre l'incarico di vertice del Dicastero per l'ambiente. Bene, il ministro, stando pure a quanto si apprende sull'Adnkronos, è balzato agli onori delle cronache per aver riconosciuto di aver fatto uso di cocaina. Sono fatti che risalgono a più di un ventennio fa. Ma Gove non è il solo candidato a poter inoltrare una domanda d'iscrizione a questo speciale elenco. È necessario, però, procedere con delle distinzioni precise: nel caso di Rory Stewart, anch'egli facente parte del governo tuttora presieduto dalla May, trattasi di oppio. In quello di Raab, invece, di cannabis. Così come in quello del ministro degli Esteri, Jeremy Hunt, che ha avuto modo di sperimentare un cannabis drink.

Nei paesi anglossassoni, l'emersione di queste

notizie è un grande classico delle fasi pre-elettorali: il passato di ogni candidato - lo vedremo pure nel corso delle primarie negli Stati Uniti in vista del 2020 - viene indagato giornalisticamente in maniera certosina.

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