Saltano le prime teste? Chi trema ora a Mosca

Molti sospettano che al Cremlino sia in atto una vera e propria "purga" contro chi non ha saputo consigliare Vladimir Putin sulla guerra. Ma la vera partita è quella dei servizi segreti

Saltano le prime teste? Chi trema ora a Mosca

Il fattore tempo è essenziale per la strategia del presidente russo Vladimir Putin. La guerra in Ucraina non è una guerra-lampo, né lo è davvero mai stata nei piani di Mosca. Impossibile credere che il Cremlino non sapesse delle potenziali difficoltà che avrebbe affrontato l'armata russa di fronte a un Paese vasto e con milioni di persone non certo contente di essere "liberate" (questa la versione che si prova a veicolare da Mosca). Ma il tempo, si sa, è tiranno. E se vale per i cittadini ucraini, stremati dagli assedi, vale anche per le catene logistiche dell'esercito russo e soprattutto per la leadership di Putin. In questo momento il tempo è nemico di tutti, e forse il vero leader di questo conflitto. Sarà il tempo a decidere la guerra. E forse sarà il tempo a decidere anche la leadership di un presidente che certamente subisce le conseguenze di un isolamento interno e internazionale che non può essere sottovalutato. L'economia rischia il collasso con le sanzioni. E da più parti si inizia a parlare di una profonda crisi interna al sistema di potere di Putin.

Nelle ultime settimane, si rincorrono spesso voci di divisioni e di fratture interne al cerchio magico del presidente russo. Si è parlato soprattutto degli oligarchi, uomini ricchissimi ma fedeli a Putin che avrebbero voltato le spalle al presidente dopo le sanzioni che hanno iniziato a scalfire i loro imperi finanziari. Ma si è iniziato anche a vociferare di divergenze profonde tra uomini forti dell'apparato statale. Dal ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, che sembra sia stato depotenziato o comunque tenuto fuori dalle decisioni che contano sulla guerra in Ucraina. Una scelta pesante, perché il ministro ha sempre rappresentato l'ala pragmatica e diplomatica (non per questo meno incisiva) della Russia putiniana. Qualcuno ha anche parlato di una possibile estromissione o comunque di un indebolimento del capo di stato maggiore, il generale Valerij Gerasimov, all'interno del circuito che sta decidendo le sorti del conflitto contro Kiev.

A questo confronto politico, si deve aggiungere anche una strana, e non meno durissima, guerra che pare si stia combattendo tra Cremlino e servizi segreti russi. Una guerra dove tra l'altro tutto avviene "in famiglia" dal momento che Putin è figlio fedele del Kgb sovietico.

Il condizionale è d'obbligo perché in tempo di guerra, guerra dell'informazione, propaganda e in un sistema come quello russo è sempre difficile capire dove finisca la realtà e inizi la finzione. Ci sono però dei segnali che non vanno sottovalutati. Il primo era già stato quello del video, poi diventato virale, in cui Putin metteva pubblicamente alla berlina il capo dei servizi di intelligence esterni, Sergei Naryshkin, reo di averlo contraddetto sul riconoscimento dell'indipendenza delle repubbliche popolari del Donbass. Il video era una sorta di condanna pubblica di un uomo considerato da molti addirittura come un potenziale successore del leader russo al Cremlino

Ieri invece due altre notizie - non confermate - ma fatte circolare da diverse fonti in cui è parlato di una sorta di "purga" interna al Cremlino. In base alle notizi ricevute dal governo ucraino, il presidente russo avrebbe deciso di rimuovere otto generali colpevoli di aver fatto sostanzialmente male i calcoli e condotto a una guerra logorante e dai pochi risultati concreti. La notizia non è verificata e va sempre considerato che Kiev ha tutto l'interesse a mostrare i punti deboli dell'uomo forte di Mosca, ma è interessante sapere che se ne parla. Poi, nelle stesse ore è stata data un'altra notizia, questa volta rilanciata da Andrei Soldatov, giornalista russo esperto degli apparati di intelligence, secondo cui sarebbero stati spediti agli arresti domiciliari Sergei Beseda e Anatoly Bolukh, ovvero numero uno e numero due del servizio di spionaggio estero dell'Fsb. L'accusa è di aver dato volutamente informazioni sbagliate sull'Ucraina e di aver rubato soldi pubblici attraverso il loro incarico. C'è chi dice che le informazioni fossero state fornite in un certo modo per assecondare le mire di Putin, altri, invece, sostengono l'esatto opposto. Quello che è certo è che qualcosa si muove all'interno di un sistema politico che, reggendosi su un uomo solo al comando, si deve necessariamente confrontare con i suoi successi e con le sue sconfitte. Una guerra logorante e sanzioni che soffocano l'economia possono provocare effetti politici devastanti. E non è un caso che a Londra qualcuno abbia rilanciato l'ipotesi di un golpe interno come chiave per far finire la guerra e porre fine all'era dello "zar".

Queste ipotesi però non fanno i conti con una realtà molto complessa. Innanzitutto il tradimento non è detto che sia uno scenario plausibile da parte di persone che restano comunque fedeli a Putin. Inoltre, i cosiddetti "siloviki", cioè gli uomini dell'élite, sono parte integrante del sistema di questi venti anni alla guida della Federazione Russa. Non sono nemici di Putin, non sono esterni a quella sfera di potere.

E come ha spiegato anche da Anatol Lieven per il Financial Times, non sono forti politicamente, così come non lo è la Duma, e senza sostegno delle forze armate. La complessità del sistema russo e i suoi intrecci vanno sempre tenuti in considerazione prima di ipotizzare "regime change" in caso di proseguimento della guerra.

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