Sanders e Clinton litigano su Kissinger

Ultimo dibattito in diretta tv tra i candidati democratici. Entrambi cercano di evitare scivoloni e corteggiano i voti delle minoranze. Ma in politica estera c'è un "grande nome" del passato che li divide profondamente

Sanders e Clinton litigano su Kissinger

Hanno incrociato di nuovo i guantoni Hillary Clinton e Bernie Sanders, i due candidati che si contendono la nomination democratica per la Casa Bianca. A sorpresa - ma non troppo - a far litigare i due è stato il giudizio su Henry Kissinger, ex segretario di Stato ai tempi di Richard Nixon e Gerald Ford. La Clinton non ha dubbi: per lei l’ex segretario di stato è un esempio da seguire. Per il senatore del Vermont, invece, Kissinger non è un modello da imitare: "Non è un tipo che mi piace e contate su di me, non lo seguirò". Innocente svista o brutto scivolone per Hillary? Kissinger è un personaggio storicamente inviso alla sinistra americana, specie per certe posizioni a sostegno dei regimi militari in Cile e Argentina. Ma in questa ennesima querelle si può leggere storico-politica si può leggere qualcosa di più: l'anima idealista dell'ultra liberal Sanders che si scontra duramente con la realpolitik di Kissinger, sposata da Hillary. I due, del resto, hanno in comune la guida della diplomazia a stelle e strisce, sia pure in epoche molto diverse.

Nel dibattito in diretta tv si è visto chiaramente che i due candidati sono a caccia dei voti delle minoranze. Tra i due si è vista qualche scintilla, ma non un vero e proprio scontro. Eppure tutti si sarebbero aspettati una Hillary guerrafondaia, per cercare di recuperare consensi dopo la batosta subita in New Hampshire. Ma la sfida è lunga. Quindi è preferibile non perdere inutilmente la calma e concentrarsi sull'obiettivo vero: cosa fare per vincere in Nevada e South Carolina, a fine febbraio. Un duplice test che può diventare determinante, in attesa del Super Martedì del 1° febbraio. La prima regoila da seguire è questa: non sbagliare (ed ecco che entrambi si sono ben guardati dai colpi bassi). La seconda regola: portare dalla propria parte le minoranze. Come è noto in South Carolina gran parte dell’elettorato democratico è afroamericano. In Nevada siamo al 20% (13% origine ispanica). Ecco quindi che diventa importante, per non dire decisivo, strizzare l'occhio a questi elettori, che già nel 2008 e nel 2012 furono determinanti per Barack Obama.

Uno degli scontri più accesi, tra Hillary e Bernie, si è avuto proprio sull'eredità di Obama. Sanders non lo massacra ma lo critica per alcune sue politiche. Il senatore del Vermont punta più che altro sui delusi, quelli che vogliono rilanciare il sogno infrantosi con Barack. Hillary invece difende a spada tratta il presidente. E ribatte a muso duro: "Questo tipo di attacchi me lo aspetteri dai repubblicani". Sanders non accetta la provocazione: "Segretario, è un colpo basso".

A mettere d'accordo i due è la riforma dell'immigrazione. Entrambi la invocano. E sono d'accordo nel puntare il dito contro i repubblicani: "Dopo le elezioni di novembre dovranno rendersi conto che non si possono deportare 11-12 milioni di persone". Sia Sanders che Clinton, inoltre, promettono una riforma della giustizia penale: "Troppi afroamericani in carcere". Sanders si spinge oltre chiedendo anche la "smilitarizzazione della polizia", e ricorda i tanti giovani neri disarmati uccisi dai poliziotti. In questo, però, è già stato battuto da Hillary, che ha arruolato nella sua squadra Sybrina Fulton e Gwen Carr, le madri di Trayvon Martin ed Eric Garner, due afroamericani uccisi (nel 2012 il primo, nel 2014 il secondo) a seguito di operazioni di polizia accusate di bieco razzismo.

Un dibattito tutto sommato nioso viene acceso, come dicevamo all'inizio, dallo scontro sulla figura di Kissinger. Per Hillary è un modello da seguire in politica estera. Sanders invece, come il resto della sinistra americana, vede come il fumo negli occhi l'anziano segretario di Stato, considerato troppo interventista, accusato di aver bombardato Cambogia e Laos durante la guerra del Vietnam. "Non è un tipo che mi piace - ha detto Sanders - e contate su di me, non lo seguirò". Hillary si innervosisce: "Non è questa la domanda che ti hanno fatto", dice riferendosi al giornalista che aveva chiesto al senatore chi seguirebbe in politica estera. Dallo staff di Sanders non hanno perso tempo: subito hanno postato sui social media un profilo di Kissinger non proprio lusinghiero. E ricordano come alcune registrazioni pubblicate dalla Casa Bianca nel 2010 siano quanto meno imbarazzanti per l’ex segretario di stato. Fu infatti colto a dire che "aiutare gli ebrei russi che fuggono dalla repressione non è un problema dell’America". Così come "non dovrebbe essere una preoccupazione dell’America se i sovietici mettessero gli ebrei nelle camere a gas. Al massimo - avrebbe detto Kissinger - sarebbe una preoccupazioone umanitaria".

Per cercare di delegittimare il proprio sfidante Clinton ha accusato Sanders di portare avanti un'agenda che fra welfare sanitario, spese del college e investimenti nelle infrastrutture rischia di essere poco pratica e troppo costosa. Insomma, tante belle promesse che, alla fine, costano davvero troppo e, quindi, finiscono col non essere realizzabili. Scontro acceso sul ruolo del denaro, con la Clinton che si è difesa in merito ai contributi ricevuti da società di Wall Street, dicendo che non influenzeranno la sua azione di governo. "Non insultiamo l'intelligenza del popolo americano - ha ribattuto Sanders - perché in nome di Dio, Wall Street vorrà mai versare grandi contributi alle campagne elettorali?".

Il senatore del Vermont ha risposto alle accuse dei costi eccessivi delle sue proposte, dicendo di ritenere che "il governo di una società democratica abbia una responsabilità morale" per assicurare che tutti i cittadini "abbiano uno standard di vita decente". Lo scontro, a sinistra, va avanti. Uno scontro ideologico prima che politico. Agli elettori l'ardua sentenza.

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