Domani, a Strasburgo, il Parlamento Europeo voterà per l’eventuale congelamento dei negoziati di adesione della Turchia all’Ue, in seguito alla stretta su diritti umani e sullo stato di diritto, operata dal presidente turco Recep Tayyp Erdogan, dopo il tentato golpe del 15 luglio. Ma, alla vigilia del voto, è già scontro tra Bruxelles e Ankara. "Qualunque sia l'esito, questo voto per noi non ha nessun valore", ha detto, infatti, Erdogan, a margine di un incontro con l’Organizzazione per la collaborazione islamica (Oic), ad Istanbul.
La decisione che verrà presa domani a Strasburgo, ha sottolineato Erdogan, “non interromperà la lotta del Paese per l'indipendenza e il futuro”. Il presidente turco ha poi nuovamente accusato l’Unione Europea di sostenere i “terroristi”, alludendo sia al supporto occidentale ai curdi, sia al presunto sostegno all’organizzazione dell’imam progressista in esilio in Pennsylvania, Fetullah Gülen, considerato da Ankara la mente del golpe fallito, che in Turchia è considerata come una vera e propria formazione terrorista: l’Organizzazione del Terrore Gülenista (FETÖ).
Erdogan ha poi accusato l’Ue di non aver mantenuto “nessuna delle promesse” fatte nei confronti della Turchia, come quella sulla liberalizzazione dei visti verso l’Europa per 80 milioni di cittadini turchi. A bloccare la concessione, è ancora la mancata modifica, da parte del governo turco, delle norme antiterrorismo. Il presidente turco ha, inoltre, chiarito di tenere “ai valori europei più di molti Paesi dell'Ue”. Ma proprio sul rispetto dei diritti umani da parte del governo turco, dopo la dichiarazione dello stato di emergenza nel Paese, che ha fatto seguito al tentativo di colpo di Stato, si gioca la partita tra Ankara e Bruxelles. Il processo per l’adesione della Turchia all’Ue, va avanti, infatti, dal 2005, ma ha subito un brusco rallentamento proprio nei mesi immediatamente successivi al tentato golpe.
Un evento, questo, che, per la cancelliera tedesca, Angela Merkel, non giustifica la reazione del governo turco, che ha portato alla “limitazione della libertà di stampa” e “all'incarcerazione di migliaia e migliaia di persone”. Sono 39.378, infatti, le persone che, stando ai dati del ministero della Giustizia di Ankara, si troverebbero tuttora in stato arresto, delle 92.607 che sono state fatte oggetto di provvedimenti restrittivi all'indomani del tentato putsch. "Dobbiamo tenere aperti i canali di dialogo con la Turchia”, ha quindi affermato la cancelliera tedesca intervenendo oggi al Bundestag, ma ciò "non esclude che si parli con chiarezza degli sviluppi allarmanti in quel Paese". La Merkel, che aveva scelto proprio Erdogan, come alleato di primo piano per affrontare la crisi migratoria, ora torna sui suoi passi.
Così, anche i rapporti tra Germania e Turchia, appaiono sempre più tesi. Una circostanza che potrebbe rappresentare un ulteriore fattore di rischio per la ripresa dei flussi migratori sulla rotta balcanica, parzialmente arginati dall’accordo Ue-Turchia, voluto fortemente da Berlino.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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