Il sermone dell'imam: "Ebrei a morte"

Nella moschea di San Donà del Piave l'incitazione all'odio. E le immagini fanno il giro del web. Guarda il video

Il sermone dell'imam: "Ebrei a morte"

«Allah contali uno a uno e uccidili fino all'ultimo, non risparmiarne neppure uno». L'invettiva contro il popolo ebraico non riecheggia da una moschea di Gaza, ma dalle mura della moschea di San Donà del Piave. A pronunciarla, sotto gli occhi indifferenti dei fedeli, è lo sceicco Abd Al Barr Al Rawdhi, arrivato nella cittadina del Veneto - distante una trentina di chilometri da Venezia - per celebrare la preghiera dello scorso venerdì.

Le immagini dell'inquietante sermone in arabo girano da ieri su internet, diffuse da Memri, un centro di ricerca filo-israeliano basato a Washington e specializzato nell'analisi e traduzione della stampa araba e islamica. Nel filmato, ripreso probabilmente con una telecamerina nascosta, si vedono un'ottantina di islamici allineati su corsie di moquette verde in un'ampia sala. L'imam - secondo Memri lo sceicco Abd Al Barr Al Rawdhi - parla da un piccolo pulpito appoggiato su una scaletta di quattro o cinque gradini.

Da lì partono parole di fuoco contro un popolo accusato di avere «il cuore più duro della pietra». Un popolo colpevole secondo l'imam di «aver sparso il sangue dei profeti» e di «gente innocente». Un popolo che merita per questo di «essere incatenato e maledetto». Dopo queste premesse l'imam pronuncia l'invocazione centrale, cuore di tutto il sermone. «Allah contali uno ad uno e uccidili tutti fino all'ultimo. Non risparmiarne neppure uno. Fai diventare il loro cibo veleno, trasforma in fiamme l'aria che respirano. Rendi i loro sonni inquieti e i loro giorni tetri. Inietta il terrore nei loro cuori». Un messaggio in sintonia con i trascorsi di una moschea dove secondo il presidente della provincia di Venezia Francesca Zaccariotto, già sindaco di San Donà di Piave dal 2003 al 2013, la «presenza di elementi radicali era stata più volte segnalata».

La moschea realizzata riadattando un ampio appartamento, affittato da un privato al locale centro islamico, si trova all'interno del perimetro di un centro commerciale appartenuto in passato alle Coop. «Durante il mio mandato di sindaco - ricorda Zaccariotto - avevo ricevuto numerosissime segnalazioni su attività sospette che avevamo provveduto a girare sia ai vigili urbani sia ai carabinieri senza però riuscire a raccogliere elementi sufficienti per ottenere la chiusura del centro». Minimizza (ma conferma l'episodio) Kamel Layachi, ex leader del centro islamico: «Parole fuori contesto, non bisogna fraintendere».

Nel 2012 le indagini su un giro di estorsioni ai danni di immigrati costretti a «donare» denaro convogliato su conti correnti siriani, libanesi o sauditi e utilizzato per favorire le entrate illegali in Italia aveva però portato all'arresto di quattro siriani tra cui Ahmad Chaddad, imam della moschea di San Donà fino al 2009. I quattro, arrestati a Vicenza dopo un'inchiesta condotta dalla Digos di Venezia, erano accusati di aver raccolto circa un milione e mezzo di euro utilizzati - secondo le ipotesi investigative - anche per finanziare attività eversive. Le indagini erano partite dalle segnalazioni di alcuni immigrati che si erano presentati in Questura denunciando le aggressioni e le vessazioni subite per mano del gruppo guidato da Chaddad.

L'ex imam era già noto agli inquirenti per gli stretti contatti con Arman Ahmed El Hissini Helmy, alias Abu Imad, l'omologo della moschea milanese di viale Yenner, condannato a tre anni e otto mesi per favoreggiamento del terrorismo.

E tra le relazioni pericolose dell'ex imam di San Donà non mancava il «collega» di Como Ben Hassine Mohamed Senoussi, espulso dall'Italia per la sua presunta attività di proselitismo illegale.

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