Una guerra convenzionale tra Stati Uniti ed Iran non ci sarà. Il concetto stesso di guerra convenzionale tra stati, così come lo conosciamo, è probabilmente storia pena conseguenze inimmaginabili ed evoluzioni imprevedibili. L’Iran non è certamente l'Iraq o la Corea del Nord, tuttavia non rappresenta una minaccia militare convenzionale per gli Stati Uniti. Washington e Teheran sono bloccati in una disputa geopolitica a lungo termine in tutto il Medio Oriente che durerà decenni. In ogni caso Teheran non rappresenta una minaccia esistenziale per gli Stati Uniti. I due paesi continueranno a farsi la guerra per procura.
Nessun paese al mondo potrebbe sconfiggere gli Stati Uniti
Nessun paese al mondo potrebbe sperare di sconfiggere militarmente gli Stati Uniti. Con una spesa militare di 610 miliardi di dollari, le forze armate statunitensi non hanno eguali nel pianeta. Il budget di Teheran, circa 14 miliardi di dollari del Pil investito nella spesa militare, se paragonato a quello Usa rappresenta una voce del tutto trascurabile, insignificante. Gli Stati Uniti dispongono di alcune delle armi più avanzate al mondo, mentre la spina dorsale dell'esercito iraniano è relativamente obsoleta. Qualsiasi sistema corazzato iraniano è inferiore sotto ogni aspetto alla sua controparte statunitense. Medesimo discorso per le forze aeree e navali. Le truppe americane sono di gran lunga meglio addestrate ed equipaggiate rispetto alle forze iraniane. Numericamente parlando, gli Stati Uniti possiedono un esercito di oltre 2 milioni di unità (riserve comprese, forza attiva di 1,3 milioni di soldati), mentre l'Iran a fatica a raggiungerebbe il milione (riserve comprese, forza attiva di 500 mila unità). L’Iran non avrebbe una sola possibilità di vincere una guerra convenzionale contro gli Stati Uniti. E questo sarebbe solo l'inizio.
Basterebbe un solo sottomarino strategico classe Ohio in configurazione da attacco pesante, 384 testate termonucleari W88 / MK5 da 455 kt, per cancellare l’Iran dalla faccia della terra. Questa è una certezza strategica, non teorica: 91,2 megatoni colpirebbero il territorio iraniano modificando per sempre la storia del paese. Una tale potenza degraderebbe (non azzerandole) le capacità di Teheran di lanciare qualsiasi attacco di rappresaglia contro le basi Usa in Medio Oriente ed Israele. Qualora scoppiasse una guerra totale e senza limiti tra Stati Uniti ed Iran, sarebbe proprio la disparità atomica a rendere irrilevanti tutte le altre voci convenzionali dell’equazione. Tuttavia il ricorso al nucleare, che andrebbe autorizzato solo in specifici casi, avrebbe conseguenze inimmaginabili ed imprevedibili.
Nessun paese al mondo avrebbe una sola possibilità di sconfiggere militarmente gli Stati Uniti. Tuttavia una guerra contro la Repubblica Islamica, storia insegna, sarebbe una prospettiva devastante per tutti i soggetti coinvolti.
Attaccare l’Iran
Raid Aereo
Era la strategia d’attacco ipotizzata dal Presidente Barack Obama per impedire a Teheran di sviluppare asset nucleari. In caso di attacco preventivo, gli Stati Uniti utilizzerebbero i principali asset a bassa osservabilità ed i missili da crociera lanciati dai sottomarini e dalla unità di superficie (dobbiamo infatti considerare la griglia S-300 che annullerebbe tutte le piattaforme di quarta generazione). Nessun paese può eguagliare gli Stati Uniti nella proiezione di potenza. Se Washington decidesse di effettuare un attacco militare contro l’Iran, anche se limitato, l'impatto sarebbe devastante per il Paese che si affaccia sul Golfo Persico. Tuttavia, quando si considera l'azione militare, è importante riconoscere le variabili e le lacune di intelligence che complicano inevitabilmente il processo decisionale politico e militare. Il vantaggio degli Stati Uniti nella formazione, coordinamento e nelle attrezzature, non garantirebbe il successo della missione a causa delle lacune di intelligence. Sarebbe impossibile, infatti, riuscire a distruggere l’intera infrastruttura nucleare del paese ed evitare un attacco di rappresaglia contro le basi statunitensi in Medio Oriente ed Israele. Un attacco preventivo convenzionale contro l’Iran ridurrebbe certamente le capacità militare del paese, ma non azzererebbe le sue capacità nucleari che potrebbero essere ricostruite celermente. Gli Stati Uniti ignorano l’esatta ubicazione di tutte le infrastrutture sensibili connesse con il programma nucleare iraniano, molte delle quali ubicate in profondità nel terreno. Il Pentagono non ha contezza della reale ramificazione del programma nucleare dell’Iran. Le piattaforme statunitensi di quinta generazione spazzerebbero con facilità i MiG-29 dell’Iran (Qaher-313 compresi), imponendo fin da subito il dominio aereo. Tuttavia predire il successo di un attacco aereo degli Stati Uniti, nonostante le forze in campo, resta difficile e dipenderà dal grado di affidabilità e certezza delle informazioni d’intelligence. Per concludere. Gli Stati Uniti possono essere ragionevolmente certi di arrestare un duro colpo all'infrastruttura nucleare nella prima ondata. Realisticamente, non considerando l'opzione nucleare o l'invasione terrestre, gli Stati Uniti non potranno sperare di azzerare il programma nucleare dell’Iran.
Il raid aereo statunitense, infine, non azzererebbe le capacità delle Forza Aerospaziale del Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica. Teheran avrebbe realizzato in tutto il paese 14 basi sotterranee, molte delle quali all'interno delle catene montuose del territorio iraniano, armate con missili balistici Qadr, Emad e Shahab pronti al lancio.
L’invasione terrestre dall’Afghanistan
L’opzione preferita dal Presidente George W. Bush
Nessun analista sano di mente suggerirebbe un’invasione terrestre dell’Iran. Come osserva Stratfor, “la Repubblica Islamica è il 17 ° paese più grande del mondo. Misura 1.684.000 chilometri quadrati. Ciò significa che è più grande dei territori di Francia, Germania, Paesi Bassi, Belgio, Spagna e Portogallo messi assieme”.
“L'Iran è una fortezza. Circondato su tre lati da montagne e sul quarto dall'oceano con una terra desolata al centro: è estremamente difficile da conquistare. Quasi tutte le principali città si trovano nel nord del paese”.
Una forza d’attacco proveniente dall’Afghanistan occidentale richiederebbe mesi per essere assemblata, considerando che sarebbero necessari non meno di 300 mila soldati sul terreno. L’Iran non è certamente l’Iraq del 2003.
“Passare dal confine afghano alla maggior parte delle principali città iraniane richiederebbe la traversata di due grandi regioni desertiche: Dasht-e Lut e Dasht-e Kavir. Dasht-e Kavir è particolarmente temibile per la conformazione del suo terreno simile alle sabbie mobili. Il Dasht-e Kavir consiste in uno strato di sale che copre del fango denso. Ciò limiterebbe enormemente la fanteria meccanizzata e motorizzata statunitense”.
I potentissimi carri armati M1A2 SEP Abrams non temono certamente i sistemi pesanti Karrar o Tiam, ma l’attraversata delle due grandi regioni desertiche dell'Iran. L'Iraq è un paese molto più piccolo dell'Iran: il suo terreno si è rivelato essere molto più adatto per le forze corazzate statunitensi.
L’invasione terrestre dalla Turchia
L’alleato della Nato ha già vietato agli Stati Uniti di utilizzare il suo territorio come base di proiezione per un’invasione terrestre dell’Iraq. E certamente, l’alleato della Nato non lo concederebbe oggi per invadere l’Iran. Ed in ogni caso non sarebbe un regalo: le montagne Zagros che definiscono i confini dell'Iran con la Turchia e la maggior parte dell'Iraq sono un incubo per qualsiasi forza di invasione.
Come rilevato nello studio The Revenge of Geography di Robert Kaplan “i confini occidentali si trovano nell'estremo sud, dove il Tigri e l’Eufrate si incontrano per formare il fiume Shatt al-Arab. Questa era la via di invasione utilizzata da Saddam Hussein negli anni '80. Sfortunatamente, come ha scoperto Saddam, questo territorio è paludoso e facile da difendere. Inoltre, non molto tempo dopo aver attraversato il territorio iraniano, qualsiasi forza di invasione si sarebbe imbattuta nei Monti Zagros". Teheran ha investito miliardi di dollari per trasformare i Monti Zagros in un’ecatombe per qualsiasi forza di invasione.
Invasione anfibia
La Difesa del Mosaico
Negli ultimi 25 anni il Corpo delle guardie della rivoluzione islamica ha ottimizzato costantemente il piano denominato “Difesa del Mosaico”. Si tratta di una campagna convenzionale, insurrezionale e di guerriglia su linee difensive fisse e mobili concepita per colpire, degradare e logorare le capacità di una forza di invasione (in profondità e nelle retrovie) che cerca di raggiungere le città del nord dell'Iran dalle sue coste. La strategia si ispira chiaramente a quella adottata da Žukov per la battaglia di Kursk. L'Artesh, un mix di unità corazzate e di fanteria costituirebbe la prima linea di difesa dell'Iran contro le forze invasori. La Difesa del Mosaico attiverebbe le missioni della Forza Quds all'estero, così da minacciare gli interessi degli Stati Uniti in altri teatri.
"La valle della Morte"
La Marina Militare degli Stati Uniti non ha eguali nel mondo, tuttavia se decidesse di attaccare l’Iran dalla sua costa meridionale, la forza di invasione subirebbe ingenti perdite. Il riferimento storico di Balaklava è opportuno. Il punto è che gli Stati Uniti attaccherebbero nell’area dove l’Iran si aspetta da decenni un’invasione. Si tratterebbe della zona più protetta (Tirannia della Distanza su capacità A2/AD) e meglio difesa della Repubblica Islamica senza dimenticare che la geografia è un elemento chiave nella strategia navale iraniana.
Lo spazio limitato del Golfo, che è largo meno di 100 miglia nautiche in molti aree, limita la manovrabilità dei vettori statunitensi a vantaggio delle forze navali iraniane (eccellente al riguardo lo studio del (Center for Strategic and Budgetary Assessments). La Guardia Rivoluzionaria possiede circa mille piccole e veloci imbarcazioni utilizzate per pattugliare la costa iraniana. Il loro impiego è determinante nella tattica asimmetrica a sciame, perfezionata dalla fine del 1988 dalla Guardia Rivoluzionaria per interdire l’ingresso nel Golfo Persico. A questo bisogna associare la strategia A2/AD ottimizzata negli anni dall’Iran e che prevede un mix di missili, droni, sottomarini e mine. L'Iran non ha concepito la sua difesa per vincere una guerra contro gli Stati Uniti, ma per degradare risorse, uomini, mezzi, sostegno pubblico e politico per un conflitto a tempo indeterminato.
La capacità ASMC dell'Iran
L’implementazione della capacità ASMC, Anti-Ship Cruise Missile, è ormai ritenuta plausibile nei sottomarini diesel elettrici classe Besat da 1200 tonnellate. Il programma Ghadir si basa sui progetti delle piattaforme classe Yono della Corea del Nord a propulsione diesel elettrica con implementazioni della classe Sang-O. Lunghi 29 metri, i Ghadir hanno un dislocamento di 123 tonnellate e sono equipaggiati con due tubi da 533 millimetri: sono progettati per operare in acque poco profonde, principalmente nel Golfo Persico e nello Stretto di Hormuz.
La ridondanza iraniana
I sottomarini sono parte integrante della strategia di difesa a più livelli dell’Iran. In uno ipotetico conflitto, i sottomarini iraniani opererebbero come moltiplicatori di forze in anelli concentrici tra l’Oceano Indiano, il Mar Rosso e lo Stretto di Hormuz. La ridondanza iraniana di proiezione si basa su due sottomarini Kilo sempre in navigazione. Tuttavia, a causa della minima profondità operativa richiesta, almeno 164 piedi, possono accedere solo ad un terzo del Golfo Persico. L’Iran starebbe quindi sviluppando dei sottomarini diesel-elettrici destinati a colmare il divario tra la classe pesante Kilo da quattromila tonnellate e quella leggera Ghadir. La classe Qaa’em, unità da mille tonnellate presentata nel settembre del 2008, rimane un mistero. Probabilmente, il progetto è stato inglobato nella classe Besat da 1200 tonnellate. I sei tubi lanciasiluri di quest’ultima dovrebbero essere in grado di lanciare diversi sistemi d’arma, compresi i missili da crociera. Una predisposizione, per intenderci, già implementata nei sottomarini tedeschi Tipo 209 destinati all’esportazione. La forza sottomarina è parte integrante della strategia di difesa a più livelli dell’Iran basata sulla capacità di collocare mine EM-52 ed asset UWIED, Underwater Improvised Explosive Devices in un contesto A2/AD.
L’Iran, infine, non ha ancora messo in servizio il suo primo sottomarino di medie dimensioni classe Fateh, interamente costruito in patria e, potenzialmente, equipaggiato con i siluri a super-cavitazione Hoot (speculazioni al riguardo). Il sottomarino monoscafo Fateh è certamente più grande delle precedenti unità in servizio, con lunghezza stimata di 40/50 metri per un diametro di quattro ed un dislocamento in immersione di 500 tonnellate. Il disegno dello scafo è abbastanza convenzionale e presenterebbe alcuni spunti identificabili nei sottomarini tedeschi Tipo-205/206 e nella classe Heroj della Marina della Jugoslavia Socialista. Quattro, infine, i tubi lanciasiluri precedentemente identificati probabilmente da 533 millimetri. Il Fateh è il terzo programma indigeno del paese che riguarda la realizzazione dei sottomarini. La classe Fateh, grazie alle sue dimensioni, potrebbe spingersi fino all’Oceano indiano settentrionale, lasciando il pattugliamento del Mar Rosso ai classe Kilo. La possibilità che l’Iran stia realizzando un reattore nucleare per l’implementazione sui sottomarini, così come annunciato nel giugno del 2012, è ritenuta attualmente remota e giudicata ben oltre le capacità attuali dell’industria del paese.
Invadere l'Iran: Raggiungere la costa sarebbe solo l'inizio
Le capacità militari della US Navy sono tali che pur subendo gravi perdite nel Golfo, riuscirebbero a stabilire la testa di ponte per l'invasione. Il problema si porrebbe subito dopo poichè bisognerebbe conquistare il resto dell'Iran. Conquistare un paese è la parte facile. E' l'occupazione la parte difficile e costosa così come hanno appreso gli Stati Uniti in Iraq e Afghanistan. Saddam fu cacciato in poche settimane, ma in Iraq si continua a combattere ancora oggi. Un'invasione dell'Iran sarebbe molto più impegnativa e sanguinaria della guerra in Iraq.
Le opzioni di Trump: Nitro Zeus 2.0
La migliore soluzione possibile sarebbe che entrambe le parti adottassero un approccio pragmatico per allineare i loro interessi in aree con obiettivi condivisi, accettando di non essere d'accordo (la postura frenemies). Gli Stati Uniti, intanto, continueranno ad elaborare piani d'attacco hacker come il Nitro Zeus.
Se non si fosse trovato un accordo sul programma nucleare iraniano, gli Usa avrebbero potuto attivare il piano Nitro Zeus, un imponente attacco hacker progettato dal Cyber Command per disabilitare le difese aeree di Teheran, così come i sistemi di comunicazione e le principali infrastrutture elettriche del Paese. Nitro Zeus è stato sviluppato dietro specifica richiesta del Presidente Barack Obama per “un piano militare dettagliato qualora la diplomazia avesse fallito”. Costato decine di milioni di dollari, è stato strutturato per “spegnere” l’Iran prima di un massiccio attacco degli Stati Uniti che avrebbe dovuto azzerare ogni capacità militare di rappresaglia di Teheran.
“Se l’Iran avesse attaccato gli Stati Uniti o gli alleati nella Regione, Nitro Zeus sarebbe stato attivato”
Il Pentagono sviluppa costantemente piani di emergenza, ma quello contro l’Iran ha ricevuto priorità assoluta per un principale scopo: Israele. La Casa Bianca, infatti, temeva che il primo ministro Benjamin Netanyahu avesse deciso di colpire preventivamente gli impianti nucleari iraniani. Se avessero attaccato, gli Stati Uniti sarebbero stati coinvolti inevitabilmente nelle ostilità. Oltre a Nitro Zeus, i servizi segreti Usa hanno sviluppato un altro tipo di attacco informatico, specificatamente progettato per disabilitare il sito nucleare di Fordo, che l'Iran ha costruito dentro una montagna, vicino la città di Qom. L’operazione contro l’impianto di Fordo, scoperto nel 2009 e gestito dal Corpo delle Guardie Rivoluzionarie, era considerata segreta: Obama avrebbe potuto autorizzarla anche se non fosse scoppiata una guerra (le nuove direttive presidenziali conferiscono al solo Presidente degli Stati Uniti il potere di ordinare un attacco cibernetico offensivo, così come avviene per l’utilizzo di armi nucleari).
Il sito di Fordo è sempre stato in cima alla lista degli obiettivi del Pentagono: è considerato anche l’impianto più protetto dell’Iran. Il worm (diffuso fisicamente tramite agenti israeliani infiltrati o in remoto) scritto dagli hacker del Pentagono avrebbe attaccato i software delle centrifughe iraniane, distruggendone le capacità di alimentazione. E’ ritenuto l’ultimo codice dell’Operazione “Giochi Olimpici”, creata da Bush nel 2006.
In base ai termini dell'accordo sul nucleare, due terzi delle tremila centrifughe di Fordo sono state rimosse, insieme a tutto il materiale radioattivo. Nella struttura non si può svolgere alcun tipo di lavoro connesso al nucleare.
Lo scorso maggio Donald Trump ha annunciato l'uscita dall’accordo sul nucleare che le sanzioni contro Teheran saranno reintrodotte. Il Presidente iraniano Hassan Rohani ha annunciato che il Paese riprenderà l'arricchimento dell'uranio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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