La Corte di Giustizia europea ha stabilito che gli Stati membri debbano poter avere "la possibilità di rifiutare" determinati benefit sociali ai cittadini comunitari "economicamente attivi". Una decisione che intende porre un freno al cosiddetto "turismo del welfare", che ogni anno vede migliaia di cittadini provenienti dai Paesi meno sviluppati dell'Unione dirigersi verso altri Stati con un welfare più "generoso".
Il provvedimento dei giudici di Lussemburgo arriva al termine del caso di due cittadini di nazionalità romena, madre e figlio a cui sono stati rifiutati i benefici di legge a Lipsia perché la donna "non si era recata in Germania per cercare lavoro".
Il quotidiano inglese The Telegraph racconta come la sentenza abbia chiarito come le decisioni in merito spettino ai singoli Stati nazionali e non a Bruxelles, non solo richiamando la sovranità dei diversi Paesi in tema di sussidi per i disoccupati, ma anche impedendo di fatto agli immigrati senza lavoro dall'utilizzare la legislazione esistente in tema di diritti umani per ricorrere contro eventuali misure che li escludano da questo tipo di benefit.
"La direttiva sulla libera circolazione dei cittadini dell'Unione e la regolamentazione della coordinazione dei sistemi di sicurezza sociale non inficia le singole legislazioni nazionali, che possono escludere persone di nazionalità straniera dal godimento di determinati benefici concessi ai cittadini di questo o quel Paese", si legge nel documento dei giudici della Corte.
"Una delle condizioni per il diritto di residenza è che le persone economicamente inattive debbano disporre di risorse proprie sufficienti - proseguono i magistrati della Corte - La direttiva intende così prevenire i cittadini europei economicamente inattivi dall'utilizzare il welfare dello Stato che li ospita come fonte del proprio sostentamento."
La sentenza dei giudici di Lussemburgo stabilisce, in altre parole, che i governi dei vari Stati possono scegliere come comportarsi con chi entra nel loro Paese in cerca di un lavoro senza possibilità per questo, da parte degli immigrati, di appellarsi alle leggi europee per la difesa dei diritti umani: questo perché "nel momento in cui gli Stati membri stabiliscono le condizioni per la concessione di speciali benefici a cittadini stranieri, non stanno applicando alcuna legge europea, e pertanto la Carta europea dei diritti fondamentali non si può applicare a questi casi".
La notizia è stata salutata
con favore da tutti gli osservatori che da tempo denunciavano l'abuso di chi sfruttava a proprio piacimento la legislazione europea sulla libera circolazione: un fenomeno di cui questa sentenza ha riconosciuto l'esistenza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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