Lorenzo Scandroglio
L'alpinista bergamasco Simone Moro è senza dubbio quello che più di tutti, ad oggi, in Italia, è riuscito ad avvicinare la popolarità di Reinhold Messner. Quello che lo scalatore altoatesino fece negli anni settanta e ottanta del novecento Simone Moro lo ha fatto negli anni novanta e lo sta ancora facendo in questo primo scampolo di secondo millennio. Nato nel 1967, Simone Moro ha realizzato oltre 30 spedizioni alpinistiche sulle più alte e remote montagne del pianeta. È salito 9 volte su di una cima di 8.000 metri e 3 volte sull'Everest di cui, nell'estate 2006, ha compiuto la traversata solitaria sud-nord. Ha al suo attivo molte prime invernali, l'apertura di vie nuove, salite in velocità, 5 vette di oltre 7000 metri e 5 vette di 6000 metri. Insomma, se Messner salì per primo su tutti e quattordici gli ottomila della terra senza ossigeno, oggi quella stessa collezione - nella quale sono impegnati ancora molti alpinisti, non ultimi gli italiani Silvio Mondinelli detto «Gnaro» (al quale manca una sola cima) e l'alpinista tarvisiana Nives Meroi - ha perso di significato sul piano dell'esplorazione e della ricerca alpinistica. In sostanza diventare il quindicesimo alpinista, tanti sono i membri di questa ristretta élite, ad avere scalato i quattordici giganti del globo non contribuisce a scrivere più di una riga nella storia dell'alpinismo.
Simone Moro l'ha capito e si è orientato su mete diverse. D'altronde è risaputo che, nella storia dell'esplorazione, la meta non è soltanto un fatto oggettivo. Più spesso è la comunità umana a condividere una medesima percezione di quelle che, di epoca in epoca, costituiscono le colonne d'ercole, i confini ultimi dell'umanamente possibile.
Prima di salire sull'Everest l'uomo voleva la vetta più alta e non aveva ancora elaborato la percezione di un gruppo di montagne oltre gli ottomila metri che, messe insieme, avrebbero potuto costituire un obiettivo a sé stante. In seguito arrivarono i 14 ottomila. Poi le cosiddette «Seven summits», le sette cime più alte di ogni continente. Sulle Alpi, dopo aver salito tutte le cime, gli uomini si inventarono le nord. Poi fu la volta delle «invernali»; infine ognuno potè portare in vanto la propria prima disegnando nuove linee di salita. E così via.
Ma veniamo al nuovo progetto di Simone Moro, in partenza per tentare un'impresa che, anche solo a pensarla mette i brividi: la «prima» invernale del Broad Peak (una cima di 8.047 metri nella catena del Karakorum pakistano, nella parte occidentale dell'Himalaya) e, già che sarà in zona, se le condizioni lo permetteranno, del K2 (8.611 metri nella stessa catena del Broad Peak sul confine tra Pakistan e Cina). Per dare la misura di cosa significhi premettiamo che quella dell'himalaysmo invernale è una pagina ancora da scrivere. Da alcuni anni la comunità alpinistica d'avanguardia insegue le prime salite assolute di un ottomila in inverno, quando le temperature scendono a meno 50 gradi centigradi.
Una storia monopolizzata soprattutto dai polacchi che, dalla prima salita invernale dell'Everest nel 1980 (Leszek Cichy e Krzysztof Wielicki raggiunsero la cima proprio in questi giorni di 26 anni fa, il 17 febbraio), hanno poi scalato altri 7 giganti in inverno. Unica eccezione a spezzare il monopolio polacco è costituita proprio da Simone Moro che il 14 gennaio 2005, in compagnia dell'immancabile polacco, Piotr Morawski, ha salito lo Shisha Pangma (8027 m). Manco a dirlo, a qualche centinaia di chilometri da Simone Moro, una spedizione polacca tenterà di effettuare una «prima» invernale del Nanga Parbat, altro temibile e famigerato colosso da ottomila metri.
«Non nascondo - ci ha confidato Simone prima di partire - che probabilmente sarà la più dura della mia vita e le difficoltà che dovrò affrontare saranno enormi e molteplici. La spedizione si chiamerà "The North face Baltoro winter expedition" e sarò solo
». Un innovativo sistema multimediale verrà utilizzato per aggiornare con cadenza quotidiana un sito internet appositamente creato e dedicato. Foto, video, report scritti e file audio permetteranno di seguire, passo passo, il tentativo di Simone Moro
«La comunicazione però - puntualizza l'alpinista bergamasco - sarà al servizio della fase puramente alpinistica e non il contrario. Quello che cercherò di fare in Karakorum nel prossimo inverno non sarà uno show o un'operazione mediatica fine a se stessa. Tenterò di salire sulla vetta della cima (o delle cime) che mi sono prefisso e solo in secondo luogo condividere attraverso il web ciò che mi troverò ad affrontare».
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