Moschee nel mirino: ora gli imam chiedono la scorta

«Chiediamo a tutte le attività competenti, a partire dal ministero dell’Interno di prendersi carico del problema, attivando controlli e indagini su questi fatti. Non sappiamo chi, ma qualcuno vuole che salga la tensione: mi sembra che ci sia un disegno. Dopo quello di Segrate quello di Abbiategrasso è il secondo episodio in meno di una settimana: qualcuno vuole forse scatenare una reazione da parte dei musulmani, ma noi resteremo con i nervi saldi».
Gli imam milanesi chiedono la scorta. A farlo a nome di tutti loro ci ha pensato ieri Abdel Hamid Shaari, responsabile dell’Istituto islamico di viale Jenner, la moschea della quale diversi frequentatori sono stati al centro di inchieste sul terrorismo internazionale. Shaari, dopo l’attentato con l’esplosione dell’auto del responsabile «stagionale» dell’istituto islamico di Segrate, il marocchino Hamid Zariate, ieri ha voluto commentare così, allertando le istituzioni italiane e chiedendo protezione per i centri islamici, l’attentato incendiario dell’altra notte presso la piccola «moschea» di Abbiategrasso.
In realtà si tratta di ben tre attentati davanti a istituti culturali islamici nel giro di 20 giorni. Prima dei fatti di Segrate, e prima ancora delle due molotov lanciate giovedì sera, poco dopo mezzanotte e mezza, insieme a un tubo metallico pieno di polvere esplosiva (ma, al contrario degli ordigni artigianali, non deflagrato) il cortile dell’ex falegnameria di via Crivellino ad Abbiategrasso - che ospita, tra le altre, il piccolo istituto islamico e un’associazione culturale, la Alif Baà - era già stata oggetto di un altro attentato incendiario che forse, però, era stato eclissato (volutamente?) da una notizia di tutt’altro genere. Era accaduto, infatti, il 20 luglio scorso, la stessa sera che era stata resa nota la liberazione di padre Giancarlo Bossi, il missionario rapito nelle Filippine il 10 giugno scorso. E, tra una cosa e l’altra, nessun organo di stampa ne aveva parlato.
«In quell'occasione erano state lanciate sempre due molotov e sempre senza scavalcare il cancello, direttamente nel cortile del piccolo centro islamico. Ricordo che i danni erano stati leggermente più seri di stavolta, ma niente di che», spiega il vice comandante della polizia locale Angelo Consalvo. Che ci tiene a sottolineare: «Non abbiamo mai avuto problemi e tanto meno con coloro che frequentano il centro islamico. Capita, a volte, durante qualche grossa riunione, che ci siano problemi legati alla viabilità. Ma, insisto, niente di più». E che gli stranieri di religione musulmana siano tanti ad Abbiategrasso ce lo confermano anche all’ufficio anagrafe dove segnalano una forte presenza di nordafricani, soprattutto marocchini. Nonostante questo, gli attentati messi a segno nell’ultimo mese, anche se quasi sicuramente riconducibili a due diverse matrici - quella più «interna», riconducibili a lotte intestine tra i frequentatori, nel caso della moschea di Segrate e quella forse più xenofoba nella struttura di Abbiategrasso - è chiaro che qualcosa sta cambiando.


«Inizialmente dell’episodio di Abbiategrasso si è occupata la procura di Vigevano, ma poiché potrebbe trattarsi di un reato a sfondo politico-ideologico, il fascicolo sarà trasmesso al pool antiterrorismo del capoluogo lombardo» ha spiegato il pm Maurizio Romanelli della Procura di Milano, già titolare del fascicolo sull’attentato di Segrate.

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