Moto sulle corsie preferenziali Il semaforo verde del giudice

Moto sulle corsie preferenziali Il semaforo verde del giudice

Centocinquantamila sanzioni amministrative in poche settimane, per un totale di oltre 15 milioni di euro rappresentavano una sicura fonte di reddito per il comune di Genova, che aveva trovato nei motociclisti in transito sulle corsie preferenziali degli autobus il metodo perfetto per risanare le casse ormai vuote. Ma nel sistema si è aperta una falla, rappresentata dalla sentenza del giudice di pace Marina Custo, che ha recentemente annullato una multa elevata sulle corsie gialle. Perché il motorino, comunque, non sarebbe di ostacolo alla circolazione, come spiega il Secolo XIX che riporta la sentenza. E ora crescono le speranze per le migliaia di genovesi sanzionati a botte di 84 euro a passaggio.
Quello di Genova è un caso molto particolare, poiché si tratta di una città che detiene il record europeo, e chiaramente nazionale, in termini percentuali di traffico su due ruote rispetto a quello convenzionale. Tutto nasce dalla particolare morfologia della città e da un clima che favorisce gli spostamenti in moto e scooter, senza che la viabilità sia stata in qualche modo adattata a questo particolare mix. In realtà l’associazione Due ruote in città aveva segnalato come un test effettuato su un tratto campione di corsia in condivisione tra motoveicoli e trasporto pubblico non avesse mai evidenziato alcun rallentamento del servizio a causa della presenza di «intrusi». Invece, come risposta, sono arrivate le prime quindici telecamere, alle quali dovrebbero presto aggiungersene altre dieci, visto il successo dell’operazione.
Quella dell’uso delle corsie preferenziali è una questione aperta da anni a livello nazionale, che tuttavia non ha trovato una soluzione univoca, ma soltanto risposte a livello locale. Tutto dipende dalla volontà delle amministrazioni di prevedere o meno delle eccezioni da indicare sui cartelli di divieto di accesso nelle zone dedicate a bus, tram e taxi. A Milano, per esempio, in molti tratti il transito per ciclomotori e moto è espressamente previsto da segnali dedicati, mentre in altri il passaggio resta inesorabilmente off limit. La convivenza è quindi possibile, anche se in troppi casi c’è chi abusa della libertà e del privilegio consentito compiendo sorpassi e manovre poco ortodosse. E, in caso di incidente, anche l’ingombro di un piccolo scooter rappresenta un rallentamento al normale flusso di circolazione del trasporto pubblico. Tuttavia l’opzione di far convivere la fluidità di scorrimento degli autobus e la naturale agilità di un veicolo a due ruote appare sempre più inevitabile. Un’ulteriore conferma arriva da Roma, dove a fine aprile è partita la sperimentazione su quattro tratti selezionati. I primi risultati sono più che positivi, se si considera che il test avrebbe dovuto concludersi dopo tre mesi, mentre è stato prorogato. Per l’Agenzia della mobilità è un successo poiché è stato dimostrato tra l’altro che il passaggio delle moto sulle preferenziali non rappresenta un intralcio per la velocità commerciale. Di parere contrario è chiaramente Legambiente, che non entra nel merito, ma si limita a giudicare fallimentare la sperimentazione, visto che non rappresenterebbe altro che una scusa per togliere l’attenzione dai veri problemi della mobilità: buche, sicurezza e parcheggi.
La partita però resta più che aperta, soprattutto a seguito del taglio dei fondi agli enti locali. Con le varie trappole dei rilevatori di velocità, quella delle telecamere che catturano i centauri nelle zone riservate ai bus sono chiaramente il sistema più «indolore» per fare cassa.

E non sarà certo un giudice di pace a rovinare i piani. Perché mentre si attendono i risultati di migliaia di ricorsi, il comune di Genova ha già presentato ricorso contro la prima sentenza avversa. In fondo 15 milioni di euro son palanche.

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