Agrigento - Non c’è stato alcun inseguimento del motopesca italiano da parte della motovedetta libica. È quanto emerge dalla ricostruzione dei fatti riportata nel verbale della riunione d’inchiesta svoltasi ieri al ministero dell’Interno sul caso del motopesca italiano contro cui il 12 settembre ha sparato una motovedetta libica. Nel documento si legge che alle 19.25 i militari libici hanno aperto il fuoco prima in aria, poi in acqua e poi contro lo scafo dell’ ’Arietè, che si trovava a "circa 30 miglia nautiche a nord della località di Abu Kammash". "Ciò nonostante - si legge ancora nel verbale - l’imbarcazione da pesca proseguiva la navigazione verso nord. Alle ore 20.00 il Comandante dell’Unità militare straniera (libica, ndr), valutata l’impossibilità di bloccare la corsa del natante fuggitivo, decideva di interrompere l’azione in attesa di ordini da parte delle Autorità libiche competenti". Dopo circa tre quarti d’ora, ricevute disposizioni dalle autorità libiche, "il comandante del Guardacoste invertiva la rotta e si dirigeva verso il porto di Zuwarah".
Il comandante smentisce Il motopesca Ariete è stato inseguito domenica scorsa da una motovedetta libica, a bordo della quale vi erano anche alcuni finanzieri italiani, per circa cinque ore, durante le quali è stato più volte aperto il fuoco contro l’unità italiana. Risulta dalla dichiarazione del comandante, Gaspare Morrone, raccolta il giorno successivo dall’ufficio circondariale marittimo di Lampedusa e ora agli atti dell’inchiesta giudiziaria avviata dalla procura della Repubblica di Agrigento. Secondo la dichiarazione del comandante, alle 18.10 la motovedetta libica ha aperto per la prima volta il fuoco, successivamente ha seguito il peschereccio sparando altre raffiche; infine, alle ore 23 ha desistito dall’inseguimento.
Gdf ha rispettato le regole Guardia di finanza ha operato nel rispetto dei protocolli di cooperazione tra Italia e Libia. Queste le conclusioni della riunione d’inchiesta tenutasi ieri al ministero dell’Interno sul caso del peschereccio italiano contro cui hanno aperto il fuoco i militari di una motovedetta libica, a bordo della quale c’erano anche dei finanzieri.
Lega: "Le scuse non bastano" "Si sono scusati è vero, ma in questo caso le scuse non bastano. Bisogna pretendere qualcosa di più, per esempio che vengano ridefinite le regole d’ingaggio e che si risolva una volta per tutte la questione delle acque internazinali tra Italia e Libia". Lo scrive sul quotidiano leghista La Padania il presidente della Commissione Esteri della Camera, Stefano Stefani. L’esponente del Carroccio premette che "quando una nave militare intima l’alt bisogna fermarsi. Detto questo - aggiunge - bisogna però dire che arrivare a mitragliare un’imbarcazione di un paese amico ce ne passa. Purtroppo non è la prima volta che succede - prosegue - in quella zona ci sono continue scaramucce. Bisogna cogliere l’occasione per risolvere i contenziosi e ridefinire l’intera situazione".
Frattini: "Opposizione contro gli interessi dell'Italia" Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha respinto le critiche dell’opposizione nei confronti delle dichiarazioni del ministro dell’Interno Roberto Maroni, il quale aveva avanzato l’ipotesi che i libici avessero confuso il peschereccio "Ariete" con una nave con clandestini a bordo. Secondo Frattini, che ha parlato con la stampa a Zagabria a margine di un incontro ministeriale Italia-Croazia, l’opposizione è "in malafede" e ha una posizione contro gli interessi italiani. "L’opposizione è sempre in malafede e contro gli interessi dell’Italia in questi casi", ha detto Frattini rispondendo alle domande dei giornalisti. Maroni, ha continuato Frattini, "ha chiarito quello che non c’era bisogno di chiarire: sparare non è mai nelle regole di ingaggio né nei confronti dei pescatori né nei confronti dei clandestini. Questo è stato chiarito ma all’opposizione è inutile spiegarlo". No comment da parte del ministro sull’indagine relativa all’incidente che ha coinvolto il peschereccio Ariete. "L’inchiesta - ha affermato - verificherà cosa è successo. Non sono abituato a trarre conclusioni finché l’inchiesta non è conclusa".
Analisi del Ris È giunto all'alba di stamani a Porto Empedocle, il l'Ariete, il motopesca della flotta di Mazara del Vallo fatto oggetto domenica sera di colpi di mitraglia da parte di una motovedetta libica al largo delle coste nordaficane. L'unità è stata sottoposta a sequestro cautelativo dalla Procura di Agrigento, che ha ordinato una serie di perizie balistiche da parte dei carabinieri del Ris di Messina per accertare se - come riferito dai dieci uomini d'equipaggio - i militari libici abbiano sparato "ad altezza d'uomo". L'inchiesta, aperta dai magistrati a carico di ignoti, ipotizza i reati di tentativo di omicidio plurimo aggravato e danneggiamento. Non è escluso che il procuratore Renato Di Natale, l'aggiunto Ignazio Fonzo e il sostituto Luca Sciarretta decidano di ascoltare anche i militari della Guardia di Finanza che erano a bordo della motovedetta, donata a Gheddafi dal governo italiano, in qualità di "osservatori".
Acque internazionali Il comandante del motopesca Gaspare Marrone e l'armatore Vincenzo Asaro contestano la ricostruzione del ministro dell' Interno Roberto Maroni, che ha parlato di "incidente", sostenendo che i libici sapevano benissimo che stavano sparando a un peschereccio italiano e non a un barcone di immigrati. I dati del "blue box", il sistema di rilevamento Gps a bordo dell'Ariete, hanno infine confermato che l'imbarcazione al momento del tentativo di abbordaggio si trovava a circa 30 miglia dalla costa, in acque internazionali.
"Molto più giù del dovuto" membri dell’equipaggio del motopeschereccio Ariete, colpito domenica sera dalle pallottole sparate da una motovedetta Libica, "hanno confermato che" durante la pesca "si sono spostati molto più giù rispetto a quanto consentito", ovvero avrebbero sconfinato nelle acque di Tripoli. Lo ha detto a SkyTg 24 il comandante della Capitaneria di Porto di Porto Empedocle, Vito Ciringione, dove alle 6.30 di oggi è arrivato l’Ariete per essere sottoposto agli esami balistici dei carabinieri del Ris di Messina. Ciringione ha riferito che sul natante "ci sono i segni degli spari, una trentina di colpi ben visibili sulla parte sinistra della fiancata e a poppa. L’equipaggio ha raccontato dell’intimazione di alt in acque internazionali, poi hanno detto che sono seguiti alcuni episodi di rappresaglia. Comunque oggi si svolgeranno accertamenti più precisi con l’autorità giudiziaria. In ogni caso - ha concluso il comandante - hanno confermato che si sono spostati molto più giù rispetto a quanto consentito".
Finanzieri costretti a dover assistere impotenti Da una parte l’esatta ricostruzione dei fatti, sulla quale sta indagando la procura di Agrigento, e il proposito di rinegoziare con Tripoli le regole d’ingaggio del trattato contro l’immigrazione clandestina.
Dall’altra la frustrazione dei militari della Guardia di Finanza sulla nave libica, "costretti" a dover assistere impotenti al mitragliamento del motopeschereccio Ariete con a bordo i connazionali di Mazara del Vallo. È con queste due premesse che oggi il governo parlerà alle 15, al question time alla Camera dei Deputati, sulla sparatoria dell’altra sera.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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