Musica, una serata per accontentare tutti

Blues, soul, jazz, rhythm & blues, rock. Un freddo campionario di generi musicali? No, semplicemente una pirotecnica serata di mezza estate. Già, perché oggi gli appassionati di musica rimpiangeranno di non avere il dono dell’ubiquità. Cinque concerti di alto livello in cinque angoli della città.
Allo stadio della Pallacorda, al Foro Italico, arriva John Mayall, leggenda del blues che con i suoi Bluesbreakers continua a imperversare sui palchi di tutto il mondo. A quasi 74 anni, infatti, il chitarrista inglese tiene ancora 200 concerti l’anno e pubblica regolarmente dischi (è quasi arrivato a quota 60). L’ultima uscita è In the palace of the King, un sentito tributo al bluesman Freddie King. La band, che presenta una formazione immutata dal 1985 (Buddy Whittington alla chitarra, Joe Yuele alla batteria, Hank Van Sickle al basso), nel corso della sua gloriosa storia ha lanciato grandi stelle del firmamento rock-blues. Con Mayall, infatti, ha suonato Eric Clapton, subito prima di fondare i leggendari Cream; poi Peter Green, John McVie and Mick Fleetwood, che ben presto diedero vita ai Fleetwood Mac; poi Andy Fraser, che dopo aver lasciato i Bluebreakers formò i Free e, infine, Mick Taylor, futuro chitarrista dei Rolling Stones. Come ha detto Clapton, «John Mayall ha messo in piedi un’incredibile scuola per musicisti». E proprio Clapton, insieme a Taylor, Green e tanti altri, nel 2003 ha reso un doveroso omaggio al maestro, partecipando al concerto per il settantesimo compleanno di Mayall. Una celebrazione in musica, in quel di Liverpool, naturalmente immortalata su cd e dvd.
A poche centinaia di metri da Mayall si esibisce un’altra grande star, quel Joe Cocker che esplose a Woodstock nel 1969 e da allora non si è più fermato. Accompagnato da una band eccellente, il «leone di Sheffield» presenta all’Auditorium il nuovo disco Hymn for my soul. Una raccolta di cover storiche del blues e del gospel interpretate con la sua voce roca, inconfondibile ed emozionante, registrate dal vivo nei gloriosi Sunset Sound Studios di Los Angeles. Canzoni di Bob Dylan, Stevie Wonder, George Harrison, Art Neville and The Meters, Solomon Burke e John Fogerty, che si affiancano ai classici del suo repertorio, da Cry me a river a Just like a woman, passando per la celeberrima You can leave your hat on.
Due gli appuntamenti per gli appassionati di jazz, posti di fronte a una scelta piuttosto ardua. A Villa Celimontana la seconda esibizione del pianista Stefano Bollani, affiancato da Jesper Bodilsen al basso e Morten Lund alla batteria. È il cosiddetto «trio danese», un gruppo ormai ben collaudato che ha già pubblicato due ottimi album, Mi ritorni in mente e Gleda, e che mostra una delle tante facce di Bollani, talento poliedrico capace di spaziare dal pop alla canzone d’autore all’intrattenimento comico, senza mai relegare in secondo piano il virtuosismo strumentale. Nel parco della Casa del Jazz i Doctor 3 (Danilo Rea al pianoforte, Enzo Pietropaoli al contrabbasso e Fabrizio Sferra alla batteria) presentano alcuni brani del recente album Blue e le classiche riletture che ormai fanno parte del loro repertorio. Probabile che si possa ascoltare la loro splendida versione di Sgt. Pepper’s lonely hearts club band, celebre album dei Beatles nonché pietra miliare del rock. Un viaggio attraverso le tredici canzoni del disco registrato proprio alla Casa del Jazz.
Per concludere, cambiando radicalmente mondo musicale, all’ippodromo delle Capannelle va in scena l’unico concerto italiano della mini-diva Avril Lavigne. Smaltita la rabbia punk degli esordi, la cantante canadese si presenta con un look più pop e colorato, raccontando la sua generazione in modo vitale e divertente. In The best damn thing, il suo disco più recente prodotto insieme al marito Deryck Whibley (della band Sum 41), Avril si è divertita a fare tutto da sola, scrivendo i brani in completa autonomia. «Sapevo esattamente che tipo di sonorità volevo raggiungere - racconta la cantante - e non immaginavo che fare un disco potesse essere così divertente». Per il tour ha messo insieme una nuova band e ha scelto di portare con sé anche due ballerini («è la prima volta che mi cimento in una coreografia - aggiunge - sarà uno sballo»).

In questi giorni, inoltre, Avril Lavigne diventa multimediale e approda nelle sale cinematografiche con il suo film di debutto Fast food nation, impreziosito da un cast molto ricco e diretto da Richard Linklater: un’interessante analisi del mondo dei fast food, tra carne di dubbia provenienza e sfruttamento di lavoratori clandestini. La serata all’ippodromo concede un piccolo spazio anche a Dolcenera, che apre il concerto eseguendo tre brani per pianoforte e voce.

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