La Campbell che si lamenta perché «non ha visibilità sui giornali» ricorda un po il Briatore offesissimo perché «la stampa parla male del Billionaire». Insomma, paradossi.
Naomi, che deve tutto a copertine e passerelle, scopre oggi che «le riviste di settore la snobbano» preferendole «colleghe meno famose, ma di pelle bianca». La top model lancia il suo grido di dolore dalle colonne del Times, evocando un complotto razzista ai danni delle bellezze di colore. E per ristabilire la parità black and white, la «pantera» ha intenzione di aprire unagenzia tutta sua, specializzata in modelle made in Africa.
Ma è vero che sui magazine specializzati le modelle nere tirano meno di quelle bianche? «Questa è una realtà incontestabile - rispondono le giornaliste pratiche del backstage -, il pubblico trova più fashion le modelle bianche, ma questo non ha nulla a che vedere con il razzismo. È solo una questione di glamour...». «Fashion» e «glamour», ecco le due parole simbolo che, fin dai tempi della prima sfilata di Adamo ed Eva, impreziosiscono le cronache delle collezioni globalizzate. Un mondo che ha proiettato la supermodella picchiatrice di segretarie tra le icone contemporanee; tanto che ora la Campbell contesta il «sistema» che lha incoronata e lo fa addirittura in nome della «violazione dei diritti umani delle modelle di colore». Naomi come Martin Luther King.
Soprannominata la «Venere nera», è stata inserita dalla rivista People tra le 50 donne più belle del mondo. La sua scheda ufficiale su Winkipedia precisa che «Naomi è molto impegnata nel sociale: noti i suoi impegni contro la povertà in Africa, mentre nel 2005 diede un contributo per aiutare i sopravvissuti delluragano Katrina».
Ora la signorina Campbell se la prende con riviste patinate ed agenzie che, a suo dire, discriminano le top nere in favore di quelle con la pelle bianca o «chiara»: «Persino io ho difficoltà a finire sulla copertina di Vogue». Ma non sarà mica colpa dei suoi 37 anni o di un carattere - diciamo così - un po troppo vivace? Figuriamoci, la colpa è invece del «razzismo» di cui Naomi si rammarica sinceramente: «È un peccato che la gente non apprezzi la bellezza nera. E così veniamo emarginate dalle maggiori agenzie».
Miss Campbell ne fa ovviamente una questione generale, anche se poi non disdegna di buttarla sul personale: «Anchio non me la passo bene nel mio Paese, lInghilterra. Per esempio, raramente finisco sulla prima pagina delledizione inglese di Vogue». Certo, «finire raramente» sulledizione inglese di Vogue è un problema grosso, al quale va posto rimedio in tempi rapidi. Lopinione pubblica britannica è invitata a mobilitarsi: «Solo le modelle bianche, alcune delle quali non sono famose come me, vanno in copertina». Da qui alla filantropia griffata il passo è breve: «Non voglio lasciare il lavoro di modella fino a quando non vedrò che le modelle nere hanno uguale spazio e riconoscimento dai media mondiali». Poi lannuncio modello Amnesty International, in versione total-look: «Intendo lanciare una mia agenzia in Kenya per reclutare bellezze africane da inserire nel circuito delle top model».
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