Napoli revoca la cittadinanza al generale Cialdini

Fu il "massacratore" di Pontelandolfo, divenuto simbolo della repressione post-unitaria. Se il revisionismo è l'unico tema che mette d'accordo tutti i partiti al Sud.

Napoli revoca la cittadinanza al generale Cialdini

Napoli “espelle” Enrico Cialdini, la giunta De Magistris ha disposto la revoca della cittadinanza onoraria al generale piemontese che guidò la repressione del brigantaggio nelle fasi immediatamente successive all’annessione del Regno delle Due Sicilie all’Italia. E con questa mossa il sindaco finisce per intestarsi la battaglia “identitaria”, mette d’accordo destra, sinistra e Cinque Stelle, cogliendo il plauso delle decine di associazioni storiche e politiche che della revisione storica sul racconto del Risorgimento hanno fatto la loro bandiera.

La decisione della giunta arriva all’esito di un lungo processo che ha avuto un primo step nel via libera concesso alla giunta, da parte del consiglio comunale, già nel marzo scorso. Prima ancora, a dicembre scorso, la guerra della memoria tanto lungamente annunciata era finalmente scoppiata. Primo atto, la decisione relativa alla rimozione dalla sede della Camera di Commercio di Napoli, del busto raffigurante l’odiato generale sabaudo. La proposta era arrivata dalla destra di Fratelli d’Italia, però è stata raccolta solo a metà: doveva essere rimossa anche l’effigie di Camillo Benso conte di Cavour.

Quella di Enrico Cialdini è una delle figure più controverse del Risorgimento italiano. Modenese, comandò i bersaglieri cui fu demandato il compito di reprimere il brigantaggio, cioé le bande composte da militari leali al re Borbone e contadini che si davano alla macchia (anche) per fuggire all’obbligo della lunga leva militare, l’incubo popolare sul quale Giovanni Verga (tra gli altri) ha scritto pagine meravigliose ne I Malavoglia.

Il generale nominato, alla bisogna, Luogotenente regio, è diventato nel tempo uno dei personaggi su cui s’è maggiormente impegnata la ricerca storica “revisionista”, che ha messo in luce gli aspetti cupi e violenti della sua azione. In rete, su Cialdini c'è di tutto. Non è un caso che immettendo la chiave “Enrico Cialdini” sui motori di ricerca, Google consiglia di terminare la stringa aggiungendo “criminale di guerra”.

Gli vengono imputati i massacri di Pontelandonfo e Casalduni, dove vennero passate a fil di spada – per rappresaglia nei confronti dei briganti – molte vittime, su cui non c’è accordo di cifre tra gli storici dell’uno e dell’altro schieramento: si parla di un numero che oscilla fra le cento e le mille persone uccise.

La cittadinanza a Cialdini fu offerta dall’allora sindaco Andrea Colonna nel febbraio del 1861, solo qualche mese prima dell’eccidio di Pontelandolfo, avvenuto nell’agosto di quello stesso anno. E lì è rimasta per tanto tempo. Dopo 156 anni arriva il "congedo", con disonore, dell'ufficiale dalle liste dei cittadini onorari di Partenope.

Il tema della revisione storica sul brigantaggio e sull’unità d’Italia rappresenta una delle pochissime istanze capace di mettere insieme, a sud del Garigliano, praticamente tutti. Negli anni l'interesse e la passione verso un racconto differente dei fatti che portarono il Mezzogiorno a confluire nel Regno d'Italia ha contagiato tantissime persone.

Tanta gente, al punto che persino la sonnacchiosa politica meridionale s'è accorta dei mutamenti della questione e, ora, dalla destra fino al Movimento Cinque Stelle che di recente ha promosso l’istituzione del Giorno del Ricordo per le vittime del Risorgimento, per arrivare infine alla sinistra di Luigi De Magistris, tutti vogliono intestarsi la battaglia dell'orgoglio meridionale.

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