Si può criticare la politica di Israele, ci mancherebbe. Si può pure condannare duramente le scelte del suo governo. Ma c'è una cosa che non si può proprio fare, dice Giorgio Napolitano, e cioè «negare il suo diritto all'esistenza» come Stato. «Anche quando le decisioni dei suoi dirigenti possono risultare controverse, deve restare netta la distinzione tra ogni critica, sempre possibile, all'operato di chi di volta in volta guida Israele, e la negazione, esplicita o mascherata, per esempio come antisionismo, delle ragioni storiche dello Stato di Israele, del suo diritto all'esistenza e alla sicurezza, del suo carattere democratico».
Parole nette, che il presidente della Repubblica pronuncia in mattinata, poche ore prima di partire alla volta di Beirut per una visita di Stato di due giorni. Al Quirinale, Napolitano riceve una delegazione dell'associazione ebraica Keren Hayesod, che si occupa di solidarietà nei confronti dei nuovi arrivati nella nazione ebraica, e torna su temi molto delicati: «Memore del passato, l'Italia respinge con forza i proclami di quanti ancora si levano ad invocare scenari di morte e distruzione di Israele. Le aberrazioni di quella Shoah di cui qualcuno vorrebbe occultare la tragica storia, non debbono mai ripetersi in nuove forme di persecuzione, fino al genocidio, in nessuna parte del mondo".
Poi, la questione della pace. «Una sfida da vincere - dice il presidente - per continuare a crescere e prosperare entro confini sicuri e con il più ampio riconoscimento internazionale, accanto ad uno Stato palestinese, stabile e vitale». Servono per questo «una determinazione, una fede non minori di quelli che Israele ha dovuto impiegare per assicurarsi prima la sopravvivenza e poi la propria affermazione come Stato».
In serata Napolitano atterra a Beirut e incontra il presidente libanese Michel Suleyman. Un'occasione per constatare l'evoluzione della crisi politica che, a cinque mesi dalle elezioni, impedisce al premier incaricato Saad Hariri di formare quel governo di unità nazionale, con la partecipazione di Hezbollah, che dovrebbe stemperare le tensioni e aprire la strada a una nuova fase del processo di pace in Medio Oriente, con la partecipazione di Siria e Libano, come ha recentemente auspicato lo stesso Napolitano, durante la visita in Italia del re di Giordania Abdallah II. E con Suleyman Napolitano sottolinea l'importanza di «tenere sotto controllo i focolai di tensione accesi in altri Paesi». Evidente il riferimento all'Iran.
Oggi, accompagnato dal ministro della Difesa Ignazio La Russa, il capo dello Stato andrà nella base di Shama per celebrare la festa delle forze armate insieme ai soldati italiani impegnati nella spedizione di pace dell'Unifil. Lo aspettano un contingente di 2.500 uomini e il Claudio Graziano, che ha la responsabilità dell'intera missione Onu.
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