"Azione statale brutale". La Ong disobbedisce e ora si lamenta delle sanzioni

Violano consapevolmente le norme italiane e poi si lamentano delle conseguenze: la solita solfa delle Ong sostenute dalla sinistra ideologica

"Azione statale brutale". La Ong disobbedisce e ora si lamenta delle sanzioni
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Il bel tempo degli ultimi giorni ha favorito le partenze dal nord Africa e, di conseguenza, gli sbarchi a Lampedusa. Nella giornata di ieri sono stati 403 i migranti arrivati sull'isola, per un totale di 7 sbarchi che hanno riportato su i numeri dell'hotspot. Tre dei cinque ultimi natanti soccorsi dalla Guardia di finanza, a bordo dei quali c'erano rispettivamente 120, 70 e 120 sedicenti eritrei, siriani, bengalesi, egiziani, sudanesi, pakistani ed etiopi, sono partiti da Sabratha e Zuara in Libia. Gli altri due, con 9 e 15 persone, sono invece salpati da Ganzes e Mahdia in Tunisia. Ma quella di ieri è stata anche la giornata dei due fermi amministrativi ad altrettante navi delle Ong che hanno violato il decreto Piantedosi.

Nuovi arrivi a Lampedusa

Gli arrivi a Lampedusa in autonomia dei barchini provenienti dalla Libia sono stati probabilmente effettuati con il meccanismo delle navi madre. Difficile ipotizzare che barchini di questo tipo, altamente instabili, possano aver attraversato il Mediterraneo incolumi. È più probabile che siano abbiano percorso un ampio tratto di mare a rimorchio di un peschereccio, per poi essere lasciati per proseguire con i piccoli motori di cui queste barche vengono dotate alla partenza. La speranza è sempre quella di incrociare, fortuitamente o meno, una nave Ong sulla rotta. Ma la flotta civile nelle ultime ha subito un duro contraccolpo con il fermo di due navi a causa della violazione di decreti emanati lo scorso gennaio. Si tratta della Mare*Go, che ha effettuato la sua prima missione proprio in questi giorni, ha deliberatamente ignorato l'indicazione di sbarco a Trapani impartita delle autorità italiane, dirigendosi a Lampedusa, mentre la Sea Eye ha effettuato un secondo intervento dopo aver già ricevuto l'ordine di dirigersi a Ortona.

Lo stop alle Ong

Il rispetto delle leggi è un concetto che le Ong non sono in grado di acquisire, tanto che ogni sanzione che viene loro comminata per violazioni oggettive e riscontrabili diventa un attacco umanitario da parte di un "governo neofascista", come ha dichiarato l'equipaggio della Mare*Go. "È un altro riprovevole tentativo di criminalizzare il salvataggio in mare per giustificare un'azione statale sempre più brutale", dicono, invece, dalla Sea Eye. Entrambe le navi, alla loro prima violazione, dovranno rispettare un blocco di 20 giorni in porto e pagare una sanzione amministrativa per la violazione.

Nel rapporto della Guardia costiera si spiega che, dopo aver soccorso 17 persone nella zona di ricerca e soccorso libica, la nave ha tratto in salvo altre 32 persone nella zona Sar maltese e non si è avvicinata al porto di Ortona non appena possibile, come indicato dal decreto Piantedosi. La nave, mentre risaliva il Mediterraneo, ha invertito la rotta per andare a cercare un barcone con 400 persone a bordo, non trovato, e ha preso a bordo altri 32 che si trovavano in navigazione su un'altra barca. Qualunque imbarcazione, per le Ong, è in difficoltà e i suoi occupanti si trasformano in naufraghi. Tuttavia, non sempre quelle imbarcazioni si trovano in "imminente pericolo" e questo spiega il motivo per il quale in zona SAR Malta non vengono coordinati i soccorsi. Se le barche possono continuare la navigazione, il Paese insulare non interviene.

Ma quel che ha portato al blocco della Sea Eye è anche l'interferenza con il lavoro della Guardia costiera italiana, come spiegano dal comando generale, perché "contravveniva all'impartita disposizione di raggiungere nel più breve tempo possibile il porto di Ortona, dirigendo invece su un'altra unità di migranti sulla quale, sotto il coordinamento di Imrcc Roma, stava già dirigendo in soccorso una motovedetta SAR della Guardia Costiera italiana". Ma la flotta civile è abituata a non seguire le indicazioni di chi ha l'autorità. Pensa di operare sopra ogni legge e di non dovervi sottostare.

La debole difesa delle Ong e la replica del governo

Anzi, tentano anche di smentire le autorità: "È sbagliato che la Guardia costiera italiana affermi che una motovedetta era già in viaggio. Le persone dovevano prima raggiungere la zona di ricerca e soccorso italiana con le proprie forze per ricevere aiuto lì". Un tentativo di difesa che non regge se si guarda la cronistoria dei recenti interventi, che sono stati eseguiti dalla Guardia costiera italiana anche in area Sar maltese. Secondo Gorden Isler, presidente di Sea-Eye, i viaggi verso porti assegnati e lontani "significheranno sempre che dovremo decidere durante il viaggio se rispondere a più chiamate di soccorso in arrivo. Certo che lo faremo anche se questo poi porterà ad accuse di violazione delle leggi italiane". Il rischio, con questo atteggiamento, è di arrivare alla confisca del mezzo.

Anche la Ong Sea Watch, che non ha al momento navi in mare, è intervenuta in difesa delle due navi sottoposte a sanzioni amministrative per le violazioni delle norme. "Solidarietà a Mare*Go e Sea Eye, punite per aver salvato vite in mare. Dopo lo Stato inventa leggi ingiuste per calpestare i propri doveri e criminalizzare la società civile, questa può e deve disobbedire per pretendere il rispetto dei diritti di chi fugge", dicono dalla parte italiana dell'organizzazione, annunciando nuove violazioni.

Alle Ong ha risposto Nicola Melteni, sottosegretario di Stato al ministero dell'Interno in forza Lega: "Fermo amministrativo per due navi delle ong la 'Mare Go' e la 'Sea Eye 4' per avere entrambe violato le indicazioni del Governo italiano, applicato il decreto ong con il blocco delle navi.

E alla prossima violazione scatta il sequestro. Il governo non delega a imbarcazioni private che battono bandiera straniera, finanziati da Stati esteri, il controllo delle frontiere e il soccorso".

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