Quello che il sindaco Sala (comprensibilmente) non dice è che nessuno a Milano - prendendo in considerazione non solo il Comune ma tutte le «cabine di regia», istituzionali e non, di questa città tanto proiettata nel futuro e talvolta non troppo concentrata su un presente «antico» com’è quello delle periferie - è riuscito a cogliere davvero il malcontento e il forte desiderio di inclusione che trapela dai giovani nati a Milano da famiglie di immigrati di seconda e terza generazione. Una insoddisfazione sfociata nei disordini scoppiati tra domenica e lunedì al Corvetto dopo l’incidente stradale in cui è morto Ramy Elgaml, 19 anni, egiziano di origini, cresciuto nel complicato reticolo di strade attorno a piazzale Gabrio Rosa e dintorni, elettricista e ragazzo del quartiere. Caduto, e male, sull’asfalto, nella notte tra sabato e domenica, in motorino senza casco. Dopo averlo perso nella fuga dai carabinieri e dopo che lo Yamaha Tmax sui cui viaggiava, guidato dall’amico 22enne tunisino Fares B. - da martedì, insieme al carabiniere 37enne alla guida dell’autoradio, in stato di fermo per omicidio stradale e ancora intubato in ospedale - non si era fermato a un posto di blocco dei militari dell’Arma in zona corso Como. Venti minuti di inseguimento notturno, sirene e strade contromano, e poi lo schianto in via Ripamonti.
Ondate di malcontento, quindi, concretizzatesi appunto al Corvetto, da parte da gruppi di questi ragazzi figli di famiglie di immigrati residenti da sempre in città, in assalti a mezzi pubblici, incendi di cassonetti o di estintori per strada, petardi e fumogeni lanciati contro i poliziotti in assetto anti sommossa. E che adesso potrebbero «attrarre» l’interesse di altri giovani scontenti, magari provenienti da altri quartieri popolari e decisi a cavalcare il dissenso, magari insieme agli anarchici.
Il mea culpa del sindaco
«Se mancano dei progetti di aggregazione nei quartieri popolari per questi ragazzi di seconda o terza generazione di immigrati che magari finiscono per sentirsi un po’ isolati? Si mancano, non c’è dubbio e questa è una nostra responsabilità, una responsabilità dell’Amministrazione comunale. È vero che al Corvetto c’è tanto terzo settore, ma ad esempio anche nella zona popolare di San Siro abbiamo meno luoghi di una volta per cercare di integrare e di convincere questi ragazzi che possono essere delusi dalle aspettative che avevano qui in Italia».
Sala non ha quindi esitato mercoledì pomeriggio ad ammettere le «colpe» di Palazzo Marino durante il suo intervento nel primo pomeriggio di oggi, ai margini dell’inaugurazione del «Milano Welcome Center» di via Sammartini 75 - il punto unico di accesso ai servizi cittadini dedicati alle persone migranti e rifugiate, e aperto a due passi dalla stazione Centrale grazie al Welfare del Comune. Nonostante l’assenza non prevista all’evento del prefetto Claudio Sgaraglia e del questore Bruno Megale, il sindaco di Milano non si è fatto pregare per parlare dei disordini scoppiati al Corvetto, periferia sud di Milano, nei giorni scorsi.
Il padre di Ramy, il dissenso della sorella e Sala
«Capisco che alla Destra piaccia fomentare queste situazioni ma noi siamo qui oggi per dire che la nostra vuole essere una città accogliente, che noi facciamo un bagno di realismo e nel realismo le immigrazioni ci sono e ci sono sempre state e sempre ci saranno. Detto questo, le regole vanno rispettate, ma questa è un’altra cosa» ha chiosato il primo cittadino, dando una bordata alle critiche di questi giorni mosse da più parti del Centrodestra.
Al sindaco sono piaciute invece molto le parole affidate questa mattina all’Ansa dal padre del povero Ramy. Che ci ha tenuto a precisare: «Siamo lontani da quanto accaduto l'altro ieri sera e ci impegniamo a rispettare la legge nel nostro secondo Paese, l’Italia. Abbiamo fiducia nella magistratura italiana, e non vogliamo vendetta ma solo sapere ciò che è successo. Ci dissociamo da tutti i violenti, ringraziamo tutti per la loro vicinanza, soprattutto gli italiani: mio figlio ormai era più italiano che egiziano». L’uomo ha preso quindi le distanze anche da altri membri della sua stessa famiglia, ad esempio la figlia, che proprio stasera ha detto ai microfoni del Tg de La7 di essere convinta che il fratello è rimasto vittima di uno speronamento dello scooter da parte dei carabinieri.
«Ho apprezzato molto le parole dette dal padre di Ramy, molto significative, lo rintracceremo per invitarlo a Palazzo Marino - ha commentato ancora Sala -. Ha detto cose giuste e belle. Per quel che riguarda il Corvetto siamo consapevoli che si tratta di un quartiere delicato, ma ci stiamo lavorando attraverso tante associazioni anche piccole. Tre settimane fa ho fatto il turno di pattuglia con i vigili di sera sul quartiere che è senza dubbio più difficile di altri, senza buttare alcuna croce addosso al Corvetto, ma tutte le situazioni vanno affrontate e bisogna lavorarci, a slogan non si va da nessuna parte. Certo che siamo preoccupati ma al contempo sappiamo che certe situazioni fanno parte della complessità del mondo in cui viviamo».
La situazione del Corvetto e l'inchiesta
Intanto, dopo tre notti di tensioni e vandalismi le ultime 12 ore sono trascorse tranquillamente nel quartiere. Nutrito lo spiegamento della polizia di stato a presidio delle strade attorno a piazzale Gabrio Rosa. Sul fronte dell’inchiesta della polizia locale non si può escludere che l’autoradio dell’Arma che inseguiva i due, fuggiti ancora non è chiaro se per paura (chi guidava era senza patente) o per aver commesso prima qualche illecito, abbia avuto un impatto con la ruota posteriore dello scooter. La Locale assicura di non poter stabilire con certezza se effettivamente ci sia stato o meno un contatto tra la gazzella e lo scooter. Mentre gli amici di Ramy sono convinti che «non è stato un incidente» e, in particolare su Tik Tok, chiedono «solo la verità».
Una ricostruzione, quello di uno speronamento volontario, da cui la Procura di Milano, ha già preso le distanze anche se solo ulteriori accertamenti cinematici ed eventuali nuovi filmati potranno chiarire effettivamente l’accaduto. Intanto il pm Paolo Filippini oggi ha chiesto la convalida dell’arresto e la custodia cautelare in carcere per il 21enne montenegrino residente a San Siro e arrestato lunedì notte durante i disordini del Corvetto con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale aggravata. Il gip Chiara Valori ha fissato per giovedì 28 novembre l’udienza di convalida dell’arresto con l’interrogatorio e poi dovrà decidere sulla misura cautelare. Il 21enne, nato in Italia, con permesso di soggiorno scaduto, è stato arrestato anche in seguito all’analisi di un video da cui è risultato, secondo l'accusa, uno dei ragazzi più «agguerriti» durante la notte di tensione nel quartiere periferico della città. Le aggravanti contestate nei suoi confronti sono l’aver agito in concorso con più di 10 persone da identificare, con volto coperto e con l'uso di armi (le bottiglie), petardi e altro.
Spunta un nuovo video
C’è intanto un video di pochi secondi che gira sui telefonini del Corvetto, lo hanno anche gli avvocati, non è stato ancora possibile verificarne l'autenticità ma è considerato attendibile. Lo ha mandato in onda stasera il collega del Tg de La7 Guy Chiappaventi. Nelle immagini appaiono Fares e Ramy che scappano sullo scooter, inseguiti da due macchine dei carabinieri in via San Barnaba, accanto a Palazzo di Giustizia. È una strada che è stata percorsa dai due ragazzi sabato notte, prima che si andassero a schiantare contro il muretto di una pompa di benzina. Quello dietro (Ramy) sembra seduto al contrario. Un video che chiarisca definitivamente la dinamica dell’incidente però per ora non c’è: per questo oggi il pubblico ministero ha chiesto a chi ha visto o ha filmato qualcosa quella notte di presentarsi in procura.
L’arrivo di Piantedosi
Intanto per la mattina di giovedì 28 novembre è atteso l’arrivo del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che presidierà una riunione. Lo ha annunciato sempre oggi Sala: «Ho parlato con il prefetto, penso che nei prossimi giorni il ministro verrà, nessuno di noi sta drammatizzando la situazione, ma se il ministro viene a Milano io sono contento perché è qualcosa che dobbiamo affrontare insieme.
Nessuno di noi - comune, prefettura, questura e ministero - ha cercato di dare la colpa agli altri, mi pare un atteggiamento consapevole e saggio stare tutti dalla stessa parte. Se sono stati degli errori ci saranno delle conseguenze, ma, ripeto, siamo dalla stessa parte nel difficile ruolo di tenere ordine in città» ha concluso oggi pomeriggio il sindaco.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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